È «eccellentissimo» chi non eccelle

Caro dottor Granzotto, su Legno storto del 22 settembre è stata pubblicata una lettera dell’avvocato Lipera, difensore del dottor Contrada, il quale si rivolge a un procuratore generale, facendo precedere quel titolo dall’aggettivo «eccellentissimo». Mi sembra che il titolo di «eccellenza» da anni sia stato abolito. Mi vuole spiegare perché nelle lettere indirizzate a magistrati quel titolo continua a essere utilizzato e a volte preteso?


Ma secondo lei, caro Pignatelli, si può abolire una parola, un nome? Disporre che la tal parola o il tal nome non debba più essere? Qualcuno ci prova, questo è vero, ma chi lo fa è mosso da ancestrali superstizioni, stregonerie, dalla credenza che una cosa o un essere e la loro rappresentazione siano un tutt’uno e quindi scomparsa questa svanisce quello. Che è un po’ l’essenza della correttezza politica: chiamando «non udente» un sordo ci si vuol illudere che non esista più la sordità. Ed è quel che voleva fare quel simpatico sognatore di Walter Veltroni. Ricorda? Per tutta la campagna elettorale evitò puntigliosamente - riferendosi a lui come al «capo dello schieramento a noi avverso» - di nominare Berlusconi nella speranza che svanisse, che si smaterializzasse. Sopprimere un vocabolo, ma come si fa? Prenda i titoli nobiliari, che molti si ostinano a credere siano stati aboliti - «C’è scritto sulla Costituzione repubblicana e antifascista!» - per cui un conte non ha più la facoltà di farsi chiamare conte. Se fosse vero, il celebre romanzo di Alexandre Dumas dovrebbe titolarsi Il signor Montecristo. La verità è che i titoli nobiliari, come si legge nella Costituzione, «non sono riconosciuti». Che è tutt’altra cosa di «sono aboliti». E veniamo all’eccellenza. Il titolo, un tempo riservato a re e imperatori, finì per essere attribuito a ministri, magistrati, alti funzionari e ufficiali di grado elevato. Ciò non impedì che per piaggeria o semplicemente per simpatia, finisse per esser chiamato eccellenza l’«ommo ’e panza» («Baciamo le mani, eccellenza!») come il capufficio («Eccellenza, un caffettino?»). L’inflazione mosse il fascismo, notoriamente amante dell’ordine, a stabilire regole certe e così, nel ’27, deliberò che potevano chiamarsi ed essere chiamati «eccellenza» solo le massime autorità dello Stato, gli appartenenti ai gradi elevati della Magistratura e delle Forze armate e alle alte sfere della pubblica amministrazione. Caduto il regime e ritenendo forse che il titolo, vecchio come il cucco, fosse invece di parto fascista, l’eccellenza fu epurata. Nel senso che se ne vieta l’uso negli atti formali concernenti qualsivoglia autorità italiana.
Atti formali, caro Pignatelli. Quelli con tanto di stellone d’Italia stampigliato sopra. Mentre per il resto nulla vieta, se non il senso della misura e quello del ridicolo, di liberamente dar dell’«eccellenza» e magari dell’«eccellentissimo» a destra e a manca. E poco importa che si dia dell’«eccellenza» anche a chi non eccelle.

Non diamo forse dell’«onorevole» a tutti i membri del Parlamento, ivi compresi, quando vi sedevano, Francesco Moranino detto «Giacca», Ilona Staller detta «Cicciolina», Vladimir Guadagno detto «Luxuria» o il «sovversivo a tempo pieno» Francesco Caruso?

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