«Eccidio con molti punti da chiarire»

Pellegrino: «Condanne basate su indizi. Non fu un remake di piazza Fontana»

da Roma

La verità è ancora tutta «da scrivere». E per trovarla, non serve appigliarsi a «tesi precostituite». Sulla strage di Bologna, quindi, è sbagliato sposare appieno colpevolezza o innocenza nei confronti di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, i tre Nar condannati in via definitiva. A sostenerlo è Giovanni Pellegrino, ex presidente della Commissione stragi, che all’indomani del ventottesimo anniversario della tragedia, avvenuta il 2 agosto del 1980 alla Stazione centrale, focalizza di nuovo la sua attenzione sugli eventi. E rilancia il dibattito su matrice e mandanti dell’attentato, in cui un ordigno nascosto in valigia causò 85 morti e oltre 200 feriti.
«Il fatto è che i tre imputati - spiega l’esponente del Partito democratico, oggi presidente della Provincia di Lecce - sono stati condannati sulla base di indizi». E di conseguenza, aggiunge, diviene difficile affermare con certezza «se siano davvero colpevoli o innocenti». «Personalmente - sottolinea ancora Pellegrino - io non credo che la strage di Bologna sia stata un remake della strage di Piazza Fontana, anche perché si era negli anni ’80 e la situazione era molto diversa».
Per l’ex senatore, i dubbi quindi rimangono. «Credo piuttosto che il quadro sia molto complesso e ancora da ricostruire», prosegue l’avvocato pugliese, pronto a dire la sua sulla cosiddetta «pista palestinese», rilanciata negli ultimi anni anche dall’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga. E così, Pellegrino ricorda che si tratta di una «vecchia pista», inizialmente seguita dalla Commissione stragi, ma che poi decise di lasciar stare, anche «per l’impossibilità di ascoltare Carlos», il comandante del gruppo terroristico «Separat», rinchiuso nel carcere parigino di Poissy. «Quando eravamo ormai pronti per la missione - riferisce - lui fece saltare l’audizione con la scusa che non voleva il magistrato francese che ci avrebbe dovuto accompagnare, perché era omosessuale». «Ora so che la Procura di Bologna sta seguendo una pista, staremo a vedere», prosegue l’ex parlamentare dei Ds, che rimarca: «Nel frattempo, scambiare ipotesi per certezze, così come ha fatto anche Cossiga, è assolutamente sbagliato».
A quasi trent’anni di distanza, non tutti concordano su chi pianificò ed eseguì materialmente l’azione terroristica. In maniera puntuale, a ridosso della cerimonia di commemorazione, il mondo politico si pone i soliti interrogativi. Fa ancora discutere la posizione del presidente della Camera, Gianfranco Fini, convinto, «dopo tanti anni», che sia «necessario» dissolvere le «zone d’ombra» intorno all’accertamento della verità.

E dinanzi alle reazioni risentite del centrosinistra, unica voce fuori dal coro arriva dal quotidiano di Rifondazione comunista, Liberazione, che considera «sbagliata» la sentenza di condanna nei confronti di Fioravanti, Mambro e Ciavardini.

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