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Ecco Benvegnù, tra Dostoevskij e la Juventus

L’originale cantautore in concerto sul palco del club di vicolo San Francesco a Ripa

Simone Mercurio

Chitarrista, cantante e fondatore degli ormai «sbandati» Scisma, arriva questa sera (ore 22) al Big Mama di vicolo San Francesco a Ripa, Paolo Benvegnù, un artista, un cantautore «nuovo», carismatico e interessante.
In una parola: da ascoltare. Dostoevskij scrive L’idiota parlando di una persona che ha sensibilità diverse, superiori. Un ipersensibile, come chi sa godere di gioie minime, come chi cerca l’imperfezione che rende vivi, e reali. Questo è Paolo Benvegnù, un’artista di sensibilità superiore: c’erano stati gli Scisma a dimostrarlo, e ora la nuova avventura solista lo testimoniano una volta di più. Terminato il capitolo del primo album solista con Piccoli Fragilissimi Film, il poetico rocker Paolo Benvegnù torna con questo Nickerbocker Tour per presentare in anteprima il nuovo materiale in versione live nel club trasteverino.
«I calzoni corti, i bassi a manubrio. La terra e l’occhio chiuso. Il monocolo e le prime biciclette. E poi l’aggressività, l’ascesa di militari al potere, alti prelati e soubrette di varietà». È fatto di metafore e confronti di cose, fatti ed emozioni apparentemente distanti anni luce, lo stile di scrittura di Paolo Benvegnù.
Il 2006 come il 1906. La Pro Vercelli come la Juventus, Francesco Crispi come Antonio Fazio. Le nuove metafore di Paolo Benvegnù, Andrea Franchi, Luca Baldini e Guglielmo Rodolfo Galliano in uno spettacolo che risulta ammaliante e che parla di assenze e di distanze.
L’ex Scisma nelle sue canzoni dà forma ad immagini dense di vita, lasciando trasparire un gusto decisamente fuori dal comune e creando, alla fine, un mondo meraviglioso che è solido nella sua apparente fragilità esteriore ed inebriante per i suoi visionari paesaggi ed i suoi surreali abitanti.
Sono proprio queste immagini a fare da protagonista all’interno della scrittura, ricercata ma mai articolata al punto da essere impenetrabile, di Paolo Benvegnù.


Ad essa fanno compagnia arrangiamenti sobri e delicati, disarmanti per una semplicità di fondo e per una ricerca stilistica che in Italia ha davvero pochi eguali e per i quali va anche riconosciuto il giusto merito agli ottimi musicisti che hanno affiancato Benvegnù nella stesura del lavoro.

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