Ecco la "contromanovra" della sinistra: vuole solamente aumentare le tasse

Le alternative dell’opposizione al piano Tremonti? Di Pietro resuscita l’Ici, Bersani invece vuole stangare rendite finanziarie e stipendi oltre i 130mila euro

Ecco la "contromanovra" della sinistra: 
vuole solamente aumentare le tasse

«Contromanovra». La parola suona bene, è facile da inserire in un titolo di giornale o in un notiziario tv. I partiti d’opposizione presentano le contromanovre in pompa magna, ma qualcuno ha mai guardato quei testi con attenzione? Perché, se lo facesse, troverebbe di tutto, comprese numerosissime «bufale» e idee sballate.
Prendiamo la contromanovra di Antonio Di Pietro. Se quella del governo vale 24 miliardi e rotti, la sua si issa fino a una vetta di 65 miliardi di euro in due anni. Urca. E dove li trova, il leader dell’Idv, tutti questi soldi? Facile: dalla lotta all’evasione fiscale (27,8 miliardi), dalla riduzione dei costi della politica (24,7 miliardi), e solo 13 miliardi dai tagli alla spesa. Tremonti, perché non ci hai pensato? Ma siccome Di Pietro non vuol essere accusato di essere generico, ecco qui i capitoli della lotta all’evasione: addizionale del 7,5% sui capitali regolarizzati con lo «scudo fiscale»; nuovo redditometro a «riscossione immediata»; aumento delle aliquote sulle plusvalenze «speculative»; reintroduzione dell’Ici prima casa sugli immobili di lusso. Peccato che l’Ici prima casa sulle abitazioni di lusso non sia stata abolita; che è molto difficile capire che cosa, nelle operazioni finanziarie, sia speculativo o no; che i capitali rientrati con lo scudo sono già stati regolarizzati; che il redditometro a riscossione immediata significa «prima ti prendo i soldi, poi vediamo se li dovevi pagare».
Venerdì anche i rutelliani dell’Api hanno presentato la loro contromanovra in 26 emendamenti. Non è naive come quella dipietrista, perché c’è lo zampino di Bruno Tabacci, che ci capisce. Ma anche qui troviamo lo «scudo sullo scudo», cioè il prelievo straordinario del 5% a carico dei contribuenti che hanno sanato la loro posizione con lo scudo fiscale. E per evitare furbate, dovrebbero essere le banche che hanno condotto la regolarizzazione a segnalare il tutto all’Agenzia delle Entrate. Rutelli e Tabacci la definiscono, facendo il verso a Tremonti, una Robin Hood Tax sullo scudo fiscale. Un’altra pensata è la sospensione dei decreti attuativi del federalismo fiscale qualora la crescita del Pil (il Prodotto interno lordo) sia inferiore all’1% annuale. Insomma, per un bel po’ non se ne parla più. Non manca la proposta sulla «cedolare secca» del 20% sui redditi di affitto; ma dovrebbe riguardare solo i pensionati e chi non percepisce reddito da lavoro autonomo. Insomma, una «cedolare per censo».
L’antipatia per chi ha usufruito dello scudo fiscale è un elemento comune di tutte le contromanovre. È anche nel mirino del Pd, che sollecita l’eliminazione della «protezione dai controlli fiscali per i 200mila grandi evasori che hanno beneficiato dello scudo a prezzi stracciati». Delle sei pagine di contromanovra democratica, quasi cinque sono dedicate agli errori della manovra governativa. Resta una paginetta e rotti sulle proposte operative, tutte rigorosamente prive di indicazioni sulla loro copertura finanziaria. Prima aliquota Irpef al 20%, uguale all’aliquota sui redditi da capitale; detrazioni d’imposta per le lavoratrici; contributo annuale di 3mila euro per ogni figlio; franchigia Irap più alta per le piccole imprese; risorse per la scuola e per i giovani precari; revisione degli studi di settore.
Ma tutti questi interventi, anziché far risparmiare, costano, e tanto. Come finanziarli? Ed ecco la formula magica del Pd: abbandonare il progetto del ponte di Messina, ridurre le spese per la Difesa, aumentare le imposte sui redditi da capitale, introdurre una tassazione sulle attività ad elevato impatto ambientale, allargare l’accesso del Fisco alle informazioni bancarie.

Ipotizzando che la proposta della Cgil venga fatta propria dai Democratici, ci sarebbe anche un’ addizionale fiscale sui redditi oltre i 130mila euro. Sia Di Pietro che Bersani propongono anche l’effettuazione di un’asta per le frequenze liberate dal digitale terrestre.
Contromanovre o controsensi?

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