Ecco il dossier su Corona Relazioni con la malavita: vogliono l'archivio segreto

La pista del fotografo si è incrociata con quella della criminalità: ha ammesso di avere partecipato a feste organizzate da compagni di prigionia. La "mala" potrebbe essere interessata al suo archivio segreto come arma di ricatto

Ecco il dossier su Corona 
Relazioni con la malavita: 
vogliono l'archivio segreto

Luca Fazzo - Enrico Lagattolla

E venne il giorno in cui Fabrizio Corona ebbe paura. Il giorno in cui il guascone irriducibile, lo spaccone abituato a fare il duro anche davanti alle manette, sentì un brivido corrergli giù per la schiena. E salì su un aereo destinazione Calabria con una borsa piena di soldi, per ripianare in contanti il debito contratto con personaggi che - a torto o a ragione - gli toglievano il sonno.

È il versante più cupo e segreto delle indagini sul crac del «re dei paparazzi» e della sua agenzia Corona’s. Nelle carte depositate dai pubblici ministeri Eugenio Fusco e Massimiliano Carducci prima dell’estate a conclusione delle indagini sulla bancarotta, non ci sono solo i racconti più o meno pruriginosi sui rapporti di Corona con il suo mentore Lele Mora. Ci sono anche, riassunte in un rapporto della Guardia di finanza di Milano, il racconto di come la pista di Corona si sia incrociata con quelle della criminalità economica e della malavita. Un incrocio avvenuto in due occasioni almeno. La prima, la più ovvia, in carcere, nei lunghi mesi trascorsi dal giovanotto a San Vittore. La seconda, più oscura, al momento in cui Corona decide di comprare un appartamento per andarci a vivere, dopo la rottura con la moglie Nina Moric.

Nei verbali resi noti finora si dice solo che a indicare a Corona l’appartamento in cui poi andrà a vivere è Lele Mora, che sostiene (smentito da Corona) di averne anche in buona parte finanziato l’acquisto. Il rapporto delle «fiamme gialle» scava ben più in profondità nella vicenda. E accerta che l’appartamento era stato ceduto a due calabresi da un «colletto bianco» già indagato dalla Procura di Milano, uno dei protagonisti dello scandalo Italease, la banca il cui management si arricchì a dismisura facendo la cresta sui derivati rifilati ai clienti. La coppia di calabresi lo «gira» a Corona, che paga l’acconto con un assegno. Ma l’assegno è scoperto. Quando i venditori se ne accorgono scoppia il finimondo. A Corona arrivano richieste sempre più brusche perché tiri fuori i soldi. Inviti e minacce. Non si arriva, pare, allo scontro fisico. Ma Corona, spaventato, alla fine salta su un aereo con i quattrini, e va a sistemare tutto.

Su questa traccia le indagini hanno scavato a lungo, ma alla fine agli inquirenti è rimasta la sensazione che non tutto sia venuto alla luce. Ma lo stesso vale per l’intero tema dei rapporti tra Corona e la «mala». Che questi rapporti si siano creati, è praticamente inevitabile vista la durata della carcerazione dell’agente fotografico. Corona ha dovuto sperimentare sulla sua pelle quello che altri detenuti vip hanno imparato prima di lui: che i legami, le conoscenze e i favori che segnalo la vita in cella si trascinano anche fuori dal carcere. Corona ha raccontato di avere partecipato gratuitamente, come ospite, a feste e a eventi organizzati da ex colleghi di prigionia: e fin qua niente di male, anzi. Ma la Procura e i suoi segugi hanno coltivato a lungo un dubbio ben più allarmante: che nel corteggiamento di Corona qualcuno, all’interno del mondo della «mala», puntasse a mettere le mani sull’archivio segreto della Corona’s, per farne un’arma di ricatto dal potere incalcolabile.

Non ci sono elementi per ritenere che l’operazione sia andata in porto, e che il «tesoro» di Corona sia oggi in mani poco raccomandabili. Ma è bastato il sospetto per allarmare non poco gli inquirenti, che l’archivio segreto - almeno finora - non l’hanno ancora trovato. Gelosamente custodito, esiste un server sequestrato nel corso delle indagini preliminari, che potrebbe custodire copia di una parte del materiale accumulato da Corona tramite la rete dei suoi paparazzi.

Ma i magistrati hanno evitato finora di aprirlo. Perché qualunque cosa contenga, difficilmente farebbe fare passi avanti alle indagini. Ma potrebbe scatenare una nuova puntata del bailamme mediatico che fin dall’inizio accompagna il Corona-gate.

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