ECCO I MILITARI

Alemanno conferma l’accordo con Maroni: «Nel centro storico solo presìdi fissi»

Marco Morello

Il grande parcheggio della stazione Anagnina alle 4 del mattino è ancora terra di nessuno. Sul marciapiede accanto alla corsia di ingresso degli autobus c’è un uomo, immobile, steso su un fianco. Poco distante due ragazzi spingono carrelli da supermercato pieni di buste e stracci. Di soldati qui, per ora, non se ne vedono.
L’operazione «Strade sicure» non è ancora scattata. I primi quattrocento uomini dell’esercito (a regime saranno 1060) attendono il sole per rispondere alla chiamata dell’esecutivo. Per sei mesi presidieranno 51 obiettivi sensibili della capitale, pattuglieranno stazioni e vigileranno su zone «a rischio», in periferia e fino al Litorale. Poco dopo le 7 lo scenario muta radicalmente. La stazione si anima come ogni mattina di pendolari, venditori abusivi e balordi. Poi arrivano cinque Defender dell’esercito, e la presenza di nove soldati fa sparire bancarelle improvvisate e questuanti. «Lavoreremo in affiancamento con carabinieri o polizia, almeno per sei mesi, seguendo le direttive della Prefettura», spiega il tenente colonnello Claudio Caruso. Ad Agnanina ogni giorno saranno di ronda tre pattuglie, formate ognuna da due soldati e un ufficiale di polizia giudiziaria. Dopo nemmeno mezz’ora ci sono già i primi controlli, in tarda mattinata viene fermato un minore romeno che aveva tentato uno scippo.
Effetto placebo. Ma se ad Anagnina la presenza dei soldati è un immediato e concreto deterrente, dall’altra parte della capitale, a Ponte Mammolo, basta l’effetto-annuncio a rendere più tranquilla la mattinata. Negli stessi angoli bui dove solo sabato scorso una coppia era stata aggredita e malmenata, ora regna la calma più totale. Nonostante l’«attivazione» del presidio militare al capolinea della metropolitana A sia stata rimandata, non c’è traccia dei nomadi che chiedono l’elemosina ai capolinea dei bus Cotral. Scomparsi anche tutti gli abusivi, tra la folla che sciama nella stazione restano solo gli ambulanti autorizzati.
Le ferrovie della paura. Il pacchetto-sicurezza restituisce serenità anche sulla linea Roma-Viterbo. Persino a Tor di Quinto, sul vialetto dove Giovanna Reggiani fu aggredita e uccisa da un rom per un bottino di pochi euro, ora camminano fianco a fianco soldati e carabinieri. La stazione è ancora chiusa per lavori, ma le pattuglie sono già lì. Stessa scena, ma con in più passeggeri e treni, a Saxa Rubra, trafficato nodo di scambio di Roma Nord, e al Labaro. Dove, tra graffiti e gradini color ruggine, fino a ieri gli extracomunitari dettavano legge. «Di giorno la situazione qui è accettabile - spiega uno dei quattro soldati appena entrati in servizio - ma la notte la fermata è fuori controllo. D’ora in avanti, almeno per i prossimi sei mesi, ci penseremo noi». Altra linea, altri brutti ricordi. Stazione della Storta, teatro la scorsa primavera della violenza carnale e dell’accoltellamento di una studentessa africana. Un luogo finalmente restituito alla legge dalla presenza dei soldati. Presenza che muta il quadro anche alla stazione Nomentana sulla linea che da Orte conduce all’aeroporto di Fiumicino.
Passaggi di consegne. L’altra faccia delle stellette in città sono i presidi fissi di fronte ad ambasciate e obiettivi sensibili. Poco prima delle 6 di mattina in piazza San Giovanni, di fronte alla rappresentanza diplomatica palestinese, i due agenti seduti nella volante della polizia fanno spallucce: «Sì, ci hanno detto che da oggi l’esercito dovrebbe darci il cambio. Vuol dire che torneremo in servizio per le strade». Due ore dopo a far la guardia lì sotto ci sono quattro uomini della Folgore. «Non possiamo rilasciare dichiarazioni, comunque non sembra che romani e turisti siano turbati dalla nostra presenza. A dirla tutta, gli unici che ci hanno dato retta, oggi, sono giornalisti e fotografi».
I soldati di Roma. Parioli, ore 11, via Mercati. Nella piccola strada, blindata per la presenza dell’ambasciata d’Israele, arriva il sindaco Gianni Alemanno. Una «visita di cortesia» dopo l’accenno di polemica degli ultimi giorni sulla «militarizzazione» di Roma tra il primo cittadino e il ministro dell’Interno. Una stretta di mano con i granatieri in mimetica e giubbotto antiproiettile stempera ogni residua tensione. «L’accordo con Maroni è già stato trovato», dice spiegando che in centro storico non ci saranno pattuglie ma solo «presidi fissi».

E poi, aggiunge, i reparti utilizzati nella capitale sono soprattutto Granatieri di Sardegna e Lancieri di Montebello, «che vediamo ogni giorno davanti al Quirinale o all’Altare della Patria». Insomma, «sono da sempre i soldati di Roma».

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