Ecco i nuovi Queen: "Non imitiamo Freddie"

A Londra il primo concerto del gruppo riunito dopo la morte di Mercury. La band avverte: "Facciamo musica che batte al suo ritmo"

Ecco i nuovi Queen: "Non imitiamo Freddie"

Londra - E allora eccoli qui i nuovi Queen: hanno inciso un nuovo album e complimenti al coraggio di affrontare il mondo senza Freddie Mercury e senza neppure l’arroganza di provare a sostituirlo. «Era inimitabile, anche se avessimo voluto cercare il suo clone non ci saremmo riusciti», dice il chitarrista Brian May, che ha gli occhi dolci e si commuove facilmente. Qui, in una saletta del lussuoso Mandarin Oriental Hotel vicino a Hyde Park, lui è emozionato come un bambino perché presenta il sorprendente (e bello) The Cosmos rocks, il primo disco di brani inediti dei Queen dopo tredici anni (uscirà il 19 settembre). E lo fa con il nuovo cantante Paul Rodgers, quasi sessantenne, un passato di rock e blues da far invidia a quasi tutti (era già in classifica con i Free nel 1970) e un presente che farebbe tremare le gambe a ognuno dei suoi colleghi: confrontarsi con la voce e il carisma di uno degli artisti fondamentali degli ultimi trent’anni. E così sarà per questo, per non cadere nel paragone inimitabile con il glamour e le provocazioni di Freddie Mercury, che le nuove canzoni vivono di vita loro, sono belle e oneste e appassionate e piaceranno a chi un disco se lo vuole ascoltare dall’inizio alla fine, godendolo, soppesandolo e lasciandosi sballottare qua e là dalle gioie di un rock come ormai non si fa più.

Caro Brian May, dica la verità: ha paura di essere bocciato da chi non accetta che i Queen possano sopravvivere senza Freddie Mercury?
«Non mi interessa più questo discorso: chi ci segue sa che siamo una band onesta. Rispettiamo il nostro passato ma siamo cresciuti. E, a dire il vero, avremmo potuto anche chiamarci Cipolle Verdi o scegliere qualsiasi altro nome perché adesso siamo un gruppo nuovo, con un progetto e un’identità distinta ma non diversa dal passato. Non siamo semplici replicanti».

Freddie a parte, che cosa c’è di diverso da prima?
«Prima i Queen erano la nostra intera vita. Ora ciascuno di noi ha la sua esistenza al di fuori della musica. Io ad esempio sono appassionato di astrofisica, ho appena preso un dottorato e passo le mie notti al telescopio».

E poi c’è Paul Rodgers.
«Lui è autenticamente blues e ha portato questa sua caratteristica alla nostra musica. Nessuno si aspetta di vederlo vestito come Freddie né gli chiede di fare le stesse mosse o dire le stesse cose. Insomma, non è un attore anche se pure lui sa come fare spettacolo».

Ma piacerebbe a Freddie Mercury?
«Freddie lo andava spesso ad ascoltare nei club londinesi negli anni Settanta, studiava il suo modo di cantare e credo che addirittura lo abbia in qualche modo influenzato».

Ma diciamola tutta: a Freddie Mercury questa versione più rock blues dei Queen piacerebbe?
«Penso di sì. Io ho sempre in mente le sue idee. E qualsiasi cosa io faccia per i Queen, la prima cosa che mi chiedo è: ma a Freddie piacerebbe? Penso che The cosmos rocks gli piacerebbe molto».

Che cosa è successo ai Queen dopo la sua morte?
«Il diluvio. Ne siamo stati tutti ovviamente sconvolti. Ma io e Roger Taylor siamo musicalmente sopravvissuti e oggi portiamo ancora avanti il nome. Il bassista John Deacon, che è invece molto più fragile di noi, ha avuto un crollo e ha deciso di ritirarsi. Ma ci sentiamo spesso, lui ama scrivermi lettere ogni tanto. In fondo insieme abbiamo disegnato un quadro rock ricco di tantissimi colori e molto belli».

Qual è l’album dei Queen che preferisce?
«Di sicuro è A night at the opera, da lì è iniziato il nostro periodo d’oro. Ma ancora oggi ho voglia di risentire Made in heaven.

C’è molto amore in quei brani, ci sono i frammenti di voce di Freddie, c’è la nostra vita che improvvisamente cambiò in un giorno di novembre del 1991, quando lui morì e noi, senza aspettarcelo, ci ritrovammo più soli in questo mondo».

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