Ecco i segreti del «Vassallum» Forza Italia e An unite sbancano

Il sistema spagnolo è molto favorevole all’intesa fra i due maggiori partiti del centrodestra

da Roma

«Un massacro!», confidava Enzo Bianco prima di recarsi alla fatidica conferenza stampa zeppa di vip più che di giornalisti, «mai avrei creduto di dover subire un tale martellamento». Da tutti i fronti in verità. Con Veltroni e Franceschini - più quest’ultimo e «col furore del convertito», riferisce il depositario dello sfogo - i capi del Pd dicevamo, che lo pressavano perché «ci mettesse una forte dose di spagnolo». Mentre D’Alema e Rutelli lo tempestavano per «resistere sul modello tedesco» senza «cedere». Anche il Cavaliere aveva mobilitato i suoi per rilanciare la «bozza Vassallo». Pure Marini, indossati i panni del «presidente di tutti», ha esercitato la sua moral suasion su Bianco, in difesa dei piccoli partiti, da Mastella a Storace.
Così, per non scontentar nessuno, la bozza di legge elettorale che ieri pomeriggio il presidente della commissione Affari costituzionali ha infine illustrato con l’etichetta di «modello tedesco corretto», non poteva che essere quel che è. Forse esagera Calderoli irridendo alla «montagna che ha partorito un... peto», ma il progetto appare ambiguo e incerto, assai più elastico di quanto i big dei due poli avrebbero voluto pur se vanno sperticandosi ambedue in lodi per il parto di Bianco: «Disponibile a discuterne» dice Silvio, mentre Fini propone ai partiti di centrodestra di trovare una posizione comune e Walter incalza: «Buona base di partenza». Ma il problema è nella «correzione». Come nel caffè, del resto. Perché sette gocce di grappa son troppe per un astemio ma poche per un alcolista e la partita per aumentare o diminuire le gocce è ancora del tutto aperta. Bianco più di tanto non poteva fare, ma se accontentava Berlusconi e Veltroni scontentava tutti gli altri, se salvaguardava i piccoli scontentava i magnifici due, se accontentava i medi s’inimicava i piccoli e i grandi. Se la giochino ora i vari partiti sulla «correzione», c’è tempo sino a febbraio foriero di referendum. E l’impressione è che questa riforma elettorale non andrà da nessuna parte, anzi dritta al referendum. Persino Mastella, il più inviperito contro la bozza Bianco oltre che contro Veltroni e Berlusconi, guarda già oltre: «Sai che c’è? Alla fine dei conti a me conviene il referendum: perché chi vuole il premio di maggioranza per il Senato in Campania, Lazio, Sardegna e Puglia, da me deve venire».
E veniamo alla «correzione». Il progetto prevede l’indicazione del candidato premier, per favorire le alleanze preventive, ma non è vincolante, anzi di peso nullo non essendo previsto un premio di maggioranza. Quel che pesa è lo sbarramento, appunto tedesco ma corretto alla madrilena: per aver diritto alla ripartizione dei resti un partito deve superare il 5% a livello nazionale, ma per accedere a questo diritto e poter entrare in Parlamento deve totalizzare almeno il 7% in 5 (su un totale di 32) circoscrizioni. A queste soglie, la Lega ce la farebbe con lo sbarramento del 7 ma rischierebbe brutto sul 5, Rifondazione la stessa sorte ma invertita, An con un 10% nazionale si ritroverebbe col 7% di parlamentari, Udc e Udeur costretti a correre insieme. Ecco dunque, il malumore diffuso e la lotta già scatenata per ridurre quelle 7 gocce di correzione, per avere la doppia scheda, garanzia per la distribuzione dei resti e quant’altro. Anche Rifondazione, che pure i veltroniani dicono di aver «salvato» e dunque dalla loro, è tutt’altro che tranquilla, e non solo perché Diliberto la accusa di «tradimento» e Angius spara a zero su Bianco.

«Vogliamo il voto disgiunto, e dev’essere quello alla lista che determina la ripartizione dei seggi», sentenzia Giordano che poi sorride: «Perché in definitiva, Fini e anche Casini una via di fuga ce l’hanno, obtorto collo possono sempre tornare all’ombra di Berlusconi. Noi no, la sinistra non può appoggiarsi al Partito democratico».

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