Ecco i trucchi per sopravvivere al mal d’ufficio

Come districarsi fra email, telefonate, problemi quotidiani e voglia di successo: i segreti svelati in un libro da Guy Browning

Lorenzo Amuso

da Londra

Come sopravvivere nella giungla quotidiana di un qualsiasi ufficio. Tra scartoffie, riunioni inutili, il telefono che squilla ininterrottamente. Un assortimento di astuzie, regole non scritte, segreti per sfuggire allo stress della routine, alle urla del capo, alle meschinità dei colleghi. Tutto quello che non si impara sui banchi di scuola, ma è ugualmente indispensabile conoscere, per un’esistenza più serena. Si chiama Office Politics. How Work Really Works il libro di Guy Browning, editorialista del Guardian, che spiega con argomenti inattaccabili (non meno che dissacratori) perché spesso preferiamo restare tra le coperte che andare al lavoro. Un volume illuminante e sarcastico, contro la ritualità pagana della vita d’ufficio. Consigli per lavorare senza farsi del male, evitando accuratamente ogni responsabilità, intesa come minaccioso disturbo alla quiete quotidiana, riuscendo comunque ad accreditarsi meriti immotivati. In estrema sintesi, trovare un senso a un luogo - l’ufficio - che un senso non ha.
Il primo insegnamento è racchiuso in una massima: «Meno è più». Meno si fa, più si guadagna. Non l’elogio acritico della pigrizia, ma una disarmante sillogismo: quando negli affari qualcosa va storto la colpa è di qualcuno che ha cercato di fare qualcosa. Lapalissiano. Ovviamente, se non si prendessero iniziative, non sarebbe possibile essere biasimati in caso di fallimento. Solo gli impiegati che non muovono un dito, dunque, possono vantare un immacolato record di successi. E solo loro - inevitabilmente - aspirare con legittimità a promozioni e avanzamenti di carriera. Non chi si prodiga in attivismo. Né chi si danna l’anima in occupazioni indispensabili quanto oscure: per lo stesso principio è preferibile farsi notare senza muovere dito. Meglio ancora: se lo spirito d’iniziativa è apprezzato da qualsiasi azienda, buona norma vuole che ci si faccia trovare sempre in prima fila quando si tratta di arruolare volontari. Salvo poi scantonare - offrendosi magari per un nuovo progetto - non appena la propria abnegazione è stata plaudita dai superiori. Da trattare con la massima diffidenza email e telefonate. Durante l’orario di ufficio bisogna sapersi isolare dal resto del mondo. Lasciare che le email si accumulino per poi cancellarsi in automatico è consigliabile, almeno quanto non rispondere al telefono. In ufficio, generalmente, alzare la cornetta significa parlare con un cliente, o con il proprio capo. Insomma, significa lavorare. Per essere sicuri che non si tratti della rara telefonata di un amico, basta anticiparla con un giro di chiamate a inizio mattina. Tra i precetti inderogabili del buon impiegato c’è anche l’apologia della cortesia: non scocciare i colleghi, tanto meno i capi. Non disturbare se non vuoi essere disturbato. Evitarlo è semplice. Anticipare ogni ghiribizzo altrui, ridere sonoramente alle battute più ovvie, terminare il lavoro in anticipo sulle scadenze.
Il segreto della pace sul lavoro, d’altronde, è riuscire a stabilire un buon rapporto con il proprio superiore. Ovviamente ci sono capi e capi. Ci sono quelli sempre presenti, che stimolano, motivano, incoraggiano. E quelli che non escono mai dai loro uffici, che fanno pause pranzo di cinque ore, e che ti abbandonano a te stesso. I migliori. Essenziale per chiunque lavori in un ufficio è poi indossare un abbigliamento consono. L’abitudine - affermatasi ormai anche in Italia - del «venerdì casual» ha provocato più danni di uno tsunami. L’avvertimento è però anche per chi esagera con abiti d’alta sartoria, e rischia di essere confuso con un esponente della mafia russa. Intervenire a conferenze e riunioni, poi, può provocare solo effetti dannosi. Evitarle fa bene alla salute. Le prime sono da considerare alla stregua di una serata in un ristorante indiano: grande entusiasmo iniziale, sbronza inevitabile, insulse chiacchiere a perdere, e una sensazione di malessere nei giorni successivi.

Le riunioni, viceversa, altro non sono che scomode occasioni che ci costringono a restare chiusi in una stanza con persone che non ci piacciono, facendo cose che non ci interessano. Metà delle giornate lavorative trascorrono in riunioni. Una metà è inutile. L’altra è semplicemente una perdita di tempo.

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