Roma - «Fuori la verità», chiedeva il segretario del Pd Pier Luigi Bersani a proposito delle lettere inviate dai due presidenti della Banca centrale europea, l’uscente Jean-Claude Trichet e l’entrante Mario Draghi, a Silvio Berlusconi. Immaginando chissà quali rimproveri e critiche dell’Europa ai provvedimenti dell’Italia per pareggiare il bilancio e contrastare la speculazione. E la Cgil parlava di governo «commissariato», Di Pietro invocava le dimissioni del premier.
La verità è che la lettera «segreta» della Bce all’Italia, svelata dal Corriere della Sera, non boccia affatto le misure annunciate da Berlusconi e Tremonti, ma anzi propone interventi più decisivi e ancora più liberisti, agli antipodi rispetto alle linee guida dei programmi economici del centrosinistra e ancor di più delle rivendicazioni dei sindacati. Si tratta di un sostanziale appoggio alla via intrapresa, con la richiesta che alcune misure siano ancora più audaci. Così l’Italia sarà sostenuta dall’Europa. Umberto Bossi ha commentato l’indiscrezione con un «è vero», mentre Tremonti, con il leader della Lega a Gemonio, si è trincerato nel silenzio. Nessuna smentita è arrivata comunque ieri dalla Bce.
L’Eurotower chiede al governo italiano di accelerare e anticipare le privatizzazioni. Privatizzazioni che devono avvenire prima e non dopo il 2013, anno fissato da Roma per il pareggio di bilancio. Si consiglia anche di avviare la cessione di alcune aziende pubbliche locali. Questo modo di legiferare improntato alla velocità avalla quindi l’utilizzo del decreto, da preferire in questo contesto al disegno di legge. La Bce lo consiglia anzi vivamente. La stessa tempestività Trichet e Draghi sollecitano per l’intero pacchetto, che chiedono abbia il via libera «entro settembre», come hanno scritto anche i presidenti di Francia e Germania, Sarkozy e Merkel, in un comunicato congiunto in cui appoggiano all’identico modo la necessità di misure immediate. Poche chiacchiere, insomma. Alla collegialità, l’Europa preferisce la rapidità.
La sorpresa è poi l’invito da parte della Banca centrale di Francoforte a mettere mano ad alcuni dogmi in materia del lavoro conservati intatti per quattro decenni e che la sinistra e i sindacati hanno reso proprie bandiere, simboli di appartenenza. Se c’è un rimprovero all’Italia è insomma quello di non aver forse rischiato abbastanza nella delicata materia del lavoro.
Trichet prospetta meno rigidità nelle norme di licenziamento per i contratti a tempo indeterminato. L’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che prevede l’impossibilità di mandare a casa un dipendente senza giusta causa nelle aziende superiori ai 15 dipendenti, in Italia è stato per anni intoccabile, e quando, per la prima volta, il governo Berlusconi nel 2001 provò ad abrogarlo, sindacati e partiti di sinistra invasero le piazze. Tutto il pacchetto sul Welfare proposto dal presidente della Bce ricalca in pieno le proposte meno politicamente corrette del centrodestra.
Al governo italiano la Banca centrale europea chiede anche il superamento dell’attuale modello del lavoro, condannato a una velocità a due marce: estrema flessibilità dei giovani e dei precari e protezione immutabile degli altri, che godono in alcuni casi di privilegi in contrasto con la situazione delle nuove generazioni.
Questi inviti, uniti alla necessità che siano urgenti, potrebbero dare il volano al governo per procedere con riforme ritenute ora fondamentali dall’Europa e non da una parte politica.
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