Ecco la libertà di stampa: il Giornale «brucia» in piazza

(...) Sulla piazzetta dedicata al presidente partigiano che aveva combattuto per la libertà di opinione. In quella piazzetta, la sua piazzetta, rischiava di essere coperta dall'ombra simile a quella della svastica che, l'altro ieri era rappresentata da falce e martello.
Purtroppo quelle centinaia di partecipanti non hanno fatto come avrebbe fatto il partigiano Sandro. Appena prima avevano bloccato pure il traffico in via Venti Settembre mandando in tilt la viabilità del centro genovese. Lo sfogo non è bastato.
«Chi di voi lo vuole bruciare?» ha arringato uno dei leader dal palco, sventolando la copia del Giornale. Un incitamento al falò in piazza, che sembra più, nelle intenzioni, ricordare quelle piazze in mano agli aguzzini delle camicie brune e delle SS, piuttosto che a quelle piazze democratiche tanto decantate dal centrosinistra.
Chi aveva, a quell'ora, in mano una copia del nostro Giornale e passava di lì l'altra sera ha rischiato. Vabbè. Non grosso come nei bui anni Settanta, quando i nostri lettori e il direttore finivano gambizzati perché falciati dai proiettili dei compagni delle Br. Per carità. Ma qualcosina certamente avrebbero rischiato.
Eppure i nostri lettori ci hanno telefonato. Ci hanno inviato email. Si sono fatti sentire. Si sono detti disgustati e non hanno mostrato paura. Anzi, si sono detti fieri di portare sottobraccio una copia del quotidiano di Feltri e Sallusti.
È orgoglio democratico. È dignità di informazione. È libertà.
Intangibile, nonostante centri sociali o pericolosi estremisti di sinistra che siano.
Alla fine delle invettive e dell'incitamento al falò, il Giornale non è stato bruciato. Fatti contingenti o compagni nemmeno in grado di accendere un fiammifero? Vabbè. Alla fine si è preferito strapparne pubblicamente una copia. Strasc-strasc-strasc. Fatta in mille pezzi. Applausi dalle prime fila.
Ecco come, in democrazia, talune forze lottano contro l'opposizione: «Violenza. Violenza. Violenza».
Ciò che preoccupa è che nessuno abbia storto il naso. Qualcuno, è vero, si è girato dall'altra parte, ma non ce n'è stato uno che si sia opposto alla pericolosa rabbia antidemocratica.
«Lo scorso anno - spiega Mario Lauro - un compagno democratico mi disse: “Si vergogni”. Gli risposi, in modo gentile, ma fermo, con ragioni che ancora oggi, quando mi incontra per strada con il mio Giornale sotto braccio, sta zitto e si allontana. L'altra sera tre persone sul palco ripetevano i soliti slogan. C'è chi ha mostrato la copia del Giornale e ha incitato al falò, arringando la folla per bruciare il quotidiano. In molti hanno applaudito, ma poi non sono stati capaci nemmeno di fare il fuoco.

Si tratta di sintomi che possono essere pericolosi per la democrazia. Genova ha vissuto gli anni bui di vigliacchi attentati delle Brigate Rosse. Con altri amici porteremo, ciò nonostante, sempre il Giornale sotto braccio in modo orgoglioso».

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