Ecco la macchina Grande fratello che legge nel pensiero degli altri

Analizza il cervello e così indovina che cosa guarda una persona

Nel film commedia What women want Mel Gibson scopriva, dopo uno scivolone nella vasca da bagno, di poter leggere il pensiero delle donne. Il professor Jack Gallant, dell’università californiana di Berkeley, benché non sia ancora arrivato a tanto (anche per l’accademico, come per tutti gli uomini del resto, la psiche femminile resta un arcano) ha posto le basi scientifiche che permetteranno nel futuro di emulare i poteri che la fascinosa star esibiva nella pellicola.
Con la sua équipe il professore statunitense ha creato una macchina che legge quello che la mente umana vede, nella realtà ma anche nei sogni. Secondo la rivista Nature potrebbe essere il primo passo in avanti verso la creazione della macchina leggi-pensiero. L’apparecchio funziona collegando i modelli di attività cerebrale a quello che viene recepito dalla zona posteriore del cervello dove risiede il senso della vista. Osservando le reazioni cerebrali con lo strumento della risonanza magnetica, Gallant afferma di essere in grado di dire, con un’accuratezza del 90 per cento, quale tra le 120 immagini offerte durante gli esperimenti, la persona sta guardando in quel momento. Aree diverse del cervello recepiscono ed elaborano la rappresentazione di diverse caratteristiche di quel che vediamo: le aree basse rappresentano caratteristiche degli oggetti come margini, angoli, curve; quelle alte rappresentano immagini complesse come le facce delle persone che stiamo osservando. La ricerca ha registrato le attività della corteccia visiva grazie al metodo detto della risonanza magnetica funzionale. Il sistema usato dagli studiosi decodifica i segnali del cervello, e come questo cataloga le informazioni visive, emulandolo in un computer: in futuro potrebbe essere usato per studiare processi come l’attenzione, e forse fornire accesso al contenuto visivo dei sogni e delle immagini che ci vengono in mente. Ma attualmente, dice Gallant, quello sviluppo è lontano, e ci si concentra sull’attività del cervello, non sulla ricostruzione delle immagini: «Possiamo ora solo determinare quale immagine è stata vista da un gruppo di immagini potenziali che già conosciamo».


Ricostruire un’immagine concepita dal cervello osservando la sua attività potrebbe essere assai più difficile, spiega: «Nessuno può ancora farlo, ma possiamo predire che molti concetti che usiamo in questo studio verranno usati in futuro per queste ricostruzioni».

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