Alla Sea, la società di gestione degli aeroporti milanesi, sono convinti che l’abbandono di Malpensa da parte di Alitalia - deciso nell’autunno 2007 e attuato il 31 marzo 2008 - abbia avuto anche un lato positivo: quello di far affrontare la crisi economica prima che si verificasse, così che quando è arrivata ha fatto danni più contenuti. Il vero danno, all’epoca, lo ha fatto Alitalia, che ha trasferito a Fiumicino il proprio hub (aeroporto di interconnessione), decimando la presenza a Malpensa. Un paio di numeri: qui nell’estate 2007 erano 1.238 i voli settimanali della compagnia nazionale; un anno dopo sono crollati a 187, e l’emorragia non si è fermata: nell’orario invernale 2009 i collegamenti da Malpensa saranno 145. La Sea tratta Alitalia col rispetto che si deve a un cliente (che è il principale a Linate), ma chiarisce con esplicito distacco che non ha alcun ruolo nelle strategie sul futuro dell’aeroporto.
Un futuro che, in questo momento, viene guardato con un certo ottimismo: la Iata e l’Unione europea dicono che nei prossimi 10 anni in Europa ci saranno 60 aeroporti saturi, e Malpensa sarà avvantaggiata nell’acquisire quote di traffico: perché un hub - quello che Malpensa vuol tornare a essere - non importa dov’è collocato, quello che importa è che dia un servizio efficiente e che offra una rosa ampia di collegamenti. Poi, la prospettiva ormai prossima dell’Expo promette un aumento certo del traffico verso Milano.
Quando Alitalia ha lasciato Malpensa, il ruolo dello scalo è improvvisamente cambiato: da hub a intercontinentale. Un aeroporto hub è quello alimentato con altri voli, per via aerea; un intercontinentale è alimentato via terra dal solo bacino che vi gravita, e quindi può far calcolo su un numero inferiore di passeggeri. Così oggi Malpensa su 144 destinazioni ne offre 66 di lungo raggio (erano 71 nel 2007), ma sono solo quelle che si giustificano con la domanda della Lombardia e di parte del Nord Italia e della Svizzera. Il ruolo di hub ha un effetto moltiplicatore per l’aeroporto, perché se il servizio ha un buon rapporto costo-qualità, esso può attirare passeggeri da gran parte d’Europa per irradiarli ovunque, facendo concorrenza ad altri hub con caratteristiche più o meno equivalenti.
Così, quando Alitalia se n’è andata, il presidente della Sea Giuseppe Bonomi e i suoi manager si sono rimboccati le maniche e sono andati a promuovere l’aeroporto in giro per il mondo. Sono riusciti a fare un lavoro encomiabile: persi 1.093 voli settimanali di Alitalia, l’opera di ricostruzione ne ha fatti recuperare 793; i movimenti (decolli e atterraggi) quotidiani sono passati da 750 a 550; le compagnie clienti oggi sono 104, contro le 70 del 2007; molte sono anche piccole e low cost, ma all’aeroporto interessa «macinare» passeggeri. Questi tra il 2007 e il 2008 sono passati da 23,7 milioni a 19 milioni. Ma che, toccato il fondo, hanno ripreso una timida tendenza positiva. Un dato: nel periodo aprile-agosto 2009 il traffico di Malpensa è aumentato dello 0,6%. Pochino, si dirà. Invece no, perché il confronto è con il meno 10% di Barcellona, il meno 9,5% di Amsterdam, meno 8% di Monaco, meno 5% di Parigi, meno 4,9% di Francoforte, meno 4,8% di Madrid, meno 0,9% di Londra Heathrow. Tutte travolte dalla crisi economica e dal crollo del traffico aereo.
Il recupero di Malpensa non è comunque dovuto a una delle 34 nuove compagnie, bensì a due vettori storicamente già presenti. Uno è EasyJet, la low cost inglese più prossima alle caratteristiche di una compagnia tradizionale, che per prima ha capito le potenzialità dello scalo nel dopo-Alitalia; del terminal 2, che ha contribuito a riconfigurare come stazione specializzata in traffico low cost, ha fatto la sua base principale dopo quella di Londra, con 16 aerei e 35 destinazioni. Oggi Easyjet è il primo vettore a Malpensa, con una quota del 19%.
L’altro marchio venuto in soccorso della Sea è Lufthansa, che ha creato Lufthansa Italia, e che guarda, in prospettiva, allo scalo come al suo quinto hub dopo Francoforte, Monaco, Zurigo e Vienna: sarebbe la vera rinascita dell’aeroporto. Per ora vi ha basato una flotta di medio raggio, cominciando a operare collegamenti verso destinazioni continentali che potranno diventare altrettante aree di clientela per futuri voli di lungo raggio. Il progetto, oggi confermato ma messo a dura prova dalla crisi, prevede appunto voli di lungo raggio da Malpensa, alimentati da quella rete che oggi è in corso di consolidamento. Lufthansa oggi ha una quota del 17% a Malpensa, contro - per intenderci - il 9% di Alitalia-Air One. L’integrazione delle due compagnie italiane ha dato una spinta ulteriore e necessaria ai piani dei tedeschi, perché proprio Air One era il principale partner italiano della compagnia tedesca.
Nonostante tutto, il bilancio della Sea nemmeno nel 2008 ha chiuso in perdita (utile di 1,8 milioni), pur con il sacrificio dei 5mila dipendenti, che da un anno, a rotazione, subiscono la cassa integrazione per l’equivalente di 900 posti. E nonostante tutto, la società ha continuato a investire, e continuerà a farlo: il 14 ottobre a Roma sarà presentato il piano industriale al 2016, che prevede l’impegno di 1,4 miliardi, oggi sostenuto dalla certezza di poter aumentare le tariffe aeroportuali ferme dal 2000; lo ha previsto un emendamento alla legge finanziaria, che ha attribuito, per la prima volta, uno status privilegiato ai «sistemi aeroportuali» di Milano e di Roma, considerati un valore strategico nazionale. Il piano, in fase di messa a punto, prevede la terza pista, il terzo satellite, un albergo, un ampliamento dei servizi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.