
Xin Ge Liu è un personaggio senza paragoni nel mondo gastronomico italiano. Cinese di una località lontana da tutto, a metà strada tra Pechino e la Mongolia, è arrivata in Italia per studiare al Polimoda di Firenze e qui si è fermata (per ora, almeno) attratta dalla bellezza della città e dall’idea di mixare cotanta storia con la sua estetica sovraesposta e assai seducente. Scelta coraggiosa, perché Firenze, ancorché internazionale e una delle capitali della moda italiana, non è forse la città più aperta all’innovazione gastronomica; e anche perché l’hinterland fiorentino – e Prato in particolare - ospita una delle comunità cinesi più attive e numerose, che però a livello gastronomico si mostra in vesti assai tradizionali e poco inclini alla contaminazione.
Nel Gusto di Xinge, il ristorante che lei ha aperto qualche anno fa - dopo altre esperienze in città e dopo collaborazioni con chef come il grande Vito Mollica - in via Belfiore, nella zona di Porta al Prato, che non è certo delle più turistiche anche se assai vicina al centro, lei mette tutta sé stessa, dando vita a un posto davvero inclassificabile. Se vi aspettate un ristorante cinese classico: no. Se vi aspettate un ristorante fiorentino tradizionale: no. Il ristorante è bellissimo e cromaticamente di impatto, tutto color mattone con dettagli blu cobalto, instagrammabile, metafisico, lussurioso, da film di Wong Kar-wai: un luogo equivoco in un modo letterario, un gesto di concubinaggio gastronomico, che non esce dai ricordi. Come del resto lei, 32 anni, elegante, sensuale, eterea, femminile, audace, contemporanea e senza tempo, designer dei suoi sogni e delle sue ambizioni, che ha racchiuso in questo locale-set.
Tutto ciò apparentemente ha poco a che fare con il cibo. Ma al Gusto di Xinge si mangia anche, e bene assai, anche se lei ride quando le si ricorda che in giro la si chiama chef. Diciamo più la stilista delle sue idee, regista di una vicenda in cui il mangiare è parte di un processo più complesso che ha più a che fare con un atto di armonia e seduzione. Due sono i menu a disposizione dei clienti: il primo, Pan Yu in my Heart, racconta i 12.754 chilometri che dividono Firenze dalla località cinese nel distretto di Guangzhou dove si fa l’autentica cucina cantonese: si parte con una piccola selezione di amouse-bouche, si prosegue con dei bocconcini di branzino glassato con le cinque spezie di Shanghai e affumicato con legno di ciliegio, poi una selezione di tre bao (Maiale e foie gras, Pollo al curry, Zucchine, uova, funghi e spaghetti di vetro). Quindi il Winter garden, un gelato al cetriolo con coriandolo e lime con granella di anacardi, il That Black Pepper Filetto, straccetti di filetto di manzo marinato con salsa alle cinque spezie, saltato in padella con pepe nero, funghi cardoncelli, taro e asparagi. Infine il dolce, una strana torta di compleanno per tutti i giorni (Happy Birthday to Me, che ovviamente arriva con una candelina accesa), che è una cheesecake al sesamo nero ricoperta di glassa al cioccolato bianco, meringa all’italiana e servita con gelato al lampone. Il menu costa 90 euro per persona, come del resto l’altro, Colorful Jasmine, più dedicato al viaggio, con gli amouse-bouche, l’Insalata quattro felicità con funghi shiitake, fiori di giglio, funghi orecchie di budda, carote e bocconcini di seitan imbevuti di salsa di soia, una selezione di tre differenti Dim Sum (Ravioli al vapore ripieni di funghi orecchie di budda, shiitake, champignon e tartufo, Gnocchi di taro ripieni di purea di edamame coperti dal fungo delle piante di bambù e serviti con salsa al peperoncino aji amarillo, lime e coriandolo e Dim sum di pasta di tofu a forma di melograno con ripieno di tofu, funghi, finocchio e carote), poi il Black Heart (tofu frutto con salsa di barbabietola e wasabi), Sheng Jian Bao vegetariano (ripieni di zucchine, uova, funghi e spaghetti di soia) e per finire i Pasteis de nata portoghese nella versione di Macao.
Da Xinge si mangia anche – se ordinato con almeno 48 ore di anticipo – il Pollo Shibari, legato da un iconico filo rosso uasi da bondage, cotto nel brodo concentrato con otto spezie e con all’interno un uovo, simbolo di rinascita. Si beve vino, tè e i cocktail che arrivano dal bancone del bar. La sala è guidata con mano ferma da Lapo Bandinelli, che di Xinge è socio e compagno. Xinge ha anche una bottega di street food a poche decine di metri dal locale, con cibo da asporto di alta qualità.
Anche qui l’estetica la fa da padrona (c’è anche un piccolo altarino hi-tech dedicato alle origini di Xin Ge. E presto nuovi spazi nel quartiere, che, lei confessa, “vorrei diventasse il quartiere di Xin Ge”. Firenze non aspetta altro. E anche noi.