«Una parte di me, lo confesso, è rimasta a Genova». La voce, nitida e sincera è quella di Sergio Gasparin (sono a Radio Babboleo News, con quel funambolo di Marco Bisacchi, in collegamento telefonico), eccellente direttore generale, uscito dalla Samp in modo abbastanza imbarazzante.
Gasparin, ci può spiegare ora come si è chiusa la sua presenza nella Samp?
«Ci fu il desiderio della proprietà di cambiare struttura organizzativa. Io non condividevo quella scelta né la condivido oggi. Una separazione, comunque, legittima ci mancherebbe, lamarezza però è stata che allora le cose andavano bene, la Samp era quinta in classifica, a gennaio».
Gasparin, lei tornerebbe alla Samp se lo richiamassero?
«si sente un sorriso beffardo al telefono... Unipotesi che penso non sia molto attuale. Debbo dire però che in quegli otto mesi i rapporti con la dirigenza erano straordinari. Ed anche con la famiglia Garrone vera amicizia e comprensione».
La Samp di oggi si salverà? Riuscirà ad entrare almeno nei play off?
«Penso che ci siano tempi e spazio per recuperare, magari non per i primi due posti, ma chi gestisce la situazione saprà come muoversi, penso che ce la farà».
Gasparin, torniamo alla struttura societaria. La sua idea qual è?
«Il modello organizzativo ideale penso sia quello del Milan, una proprietà, un direttore generale o amministratore delegato (Galliani), quindi i responsabili di settore. Come accade in ogni azienda. Poi cè unaltra organizzazione, legata più strettamente allattività quotidiana di un presidente che viva in società, vedi Lotito che è molto esperto e che fa lamministratore delegato. A Genova si è voluto applicare una formula diversa di queste due».
E i risultati si son visti...
«Non sta a me sottolinearlo.
Si chiude, un saluto e un possibile «arrivederci»? Chissà: certo lidea organizzativa di Gasparin non ci è sembrata davvero male...
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