Ecco gli orrori che ho visto nei lager della vivisezione

Chi fa test sulle cavie dice di operare per il bene dell’umanità, ma non è così. Scene disumane che offendono la vera scienza

Questo è, allo stesso tempo un appello e un atto d'ac­cusa e, per una volta, non seguirò l'insegnamento del mio maestro di giornalismo (Vittorio Feltri) che non ritiene opportuno sbattere in faccia al lettore gallerie fotografiche dell'orrore o descri­zioni grandguignolesche di tortu­re e sevizie. La sensibilità del letto­re deve essere rispettata, ma quan­do i «giochi» si fanno pesanti, allo­ra è venuto il momento di scuotere le co­scienze, sem­plice­mente rac­contando la ve­rità a costo di violare quel pu­dore che cerco sempre di ri­spettare.

 

A Correzza­na (Monza), in una sede molto defilata, c'è un' azienda che si chiama Har­lan. Lì ci si occu­pa della custo­dia di animali destinati alla vi­visezione e qui sono già arriva­te, dalla Cina, 150 scimmie (maca­chi), mentre altre 750, sono già in viaggio per la stessa destinazione. Cifre di queste spaventose dimen­sioni non potevano passare inos­servate, nonostante l' understate­ment della ditta. Michela Vittoria Brambilla, ex ministro del turi­smo, ha fatto il diavolo a quattro, assieme al parlamentare Fabio Granata producendo interroga­zioni parlamentari e denunce a procure e Nas.

Poche ore e il ministro della Salu­te Balduzzi ha inviato a Corezzana gli ispettori, aprendo un fronte di indagini volte a indagare su que­sta operazione che non ha termini di paragone numerici nel passato. Va però anche rilevato che i per­messi d'importazione e di utilizzo delle cavie sono valutati e rilascia­ti dai veterinari dello stesso mini­stero, di cui ci farà piacere conosce­re i nomi nei prossimi giorni.

La vicenda dei macachi di Corez­zana impone una presa di coscien­za sul fenomeno della vivisezione che tutti i ricercatori ortodossi si af­fannano a mostrare come una pra­tica vecchia, relegata in fatiscenti laboratori di un secolo addietro e sostituita oggi dalla «sperimenta­zione animale». Non fatevi ingan­nare dal piffero di questi abili suo­natori. La «sperimentazione ani­male » o «sperimentazione in vi­vo » è solo una zolletta di zucchero che nasconde l'amaro fiele di una medicina che si chiama vivisezio­ne a tutti gli effetti.

Da Cartesio in poi non siamo mai riusciti ad abbandonare un tragico errore metodologico che costringe l'umanità a sprofondare nel buio dell'Alzheimer, del Parkinson, della sclerosi e delle di­­strofie, studiate su ratti, cani scim­mie e anfibi, organismi completa­mente diversi dal nostro. Milioni di animali, ogni anno, subiscono nei laboratori avvelenamenti con sostanze chimiche, farmaci e co­smetici, induzione di malattie d'ogni genere che sono solo uno specchio deformante, un'imita­zione farlocca di quelle umane. Su­biscono esperimenti senza senso, utili solo a gonfiare i punteggi per concorsi e stipendio e produrre la compressa che regalerà a noi e alle nostre famiglie, un anno i più, im­mersi nell'incubo dell'Alzheimer, scandito dalle ore in cui si devono assumere le altre dodici capsule che contrastano gli effetti collate­rali delle undici già ingoiate. Con enormi benefici per gli ammini­­stratori delegati delle Big Pharms. Vi racconteranno che usiamo sempre gli stessi argomenti: le mi­gliaia di focomelici causati dalla Talidomide (che non si verificaro­no sui topi), tiriamo fuori le vec­chie­e consunte foto in bianco e ne­ro con gli elettrodi piantati nel cer­vello delle scimmiette. Roba da 1800!

E allora vi racconto quel che non ho mai scritto. Io ci sono stato in quel tipo di laboratori (non quel­li della Harlan). Circa 25 anni fa, quando ero uno dei pochi veteri­nari che curava scimmie ,ci andai per imparare alcune tecniche di diagnosi. Quello che ho visto mi sveglia ancora di notte, sudato. I cercopitechi schiacciati dalla pa­rete mobile di lamiera contro le sbarre che perdevano bava e urina e schizzavano feci ovunque, per il terrore. Uno aveva la testa rivolta verso di me e l'occhio ricadeva dall' orbita, mentre le urla perforavano i timpani. «Tanto ne hai per poco», il commento dell'addetto. Dopo un'ora era sul tavolo, accanto a un macaco cui dovevano togliere i re­ni. Dopo l'incisione sull'addome, gettava fuori le viscere dal corpo. L'anestesia era un po' superficia­le. Amen. Passavi tra le gabbie dei Resi e, se acuivi l'olfatto, potevi sentire, nell'oscurità, il profumo del terrore. Non serviva acuire l'udito per sentire i gemiti di chi era tenuto in vita perché l'esperi­mento lo richiedeva. Una volta uscito all'aria, ho vomitato.


Tutto questo si verifica ancora, in tutto il mondo e la ragione uma­n­itaria per cui questi sacrifici sono «necessari»rappresenta la più tra­gica balla che vi hanno mai raccon­tato. 

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