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Ecco perché la Figc teme il file sospetto della sentenza Caf

Gli avvocati ammettono: «Il secondo grado sostituisce il primo» E se si dimostra il falso la procura può subito sequestrare la condanna

Ecco perché la Figc teme il file sospetto della sentenza Caf

Diego Pistacchi

È finito l’anno allucinante del Genoa e la prima novità del 2006, colpi di mercato a parte, potrebbe essere proprio l’asso tanto atteso dai tifosi rossoblù. Ma l’esito della perizia dei tecnici Microsoft in grado di confermare che la sentenza della Caf era stata scritta prima ancora che iniziasse il processo è attesissimo, con spirito ovviamente diverso, anche dalla Federcalcio e dai suoi avvocati. Quella che diventerebbe la prova più clamorosa dei soprusi commessi ai danni del Vecchio Grifone è temuta dagli stessi legali che quest’estate hanno vinto la prima battaglia contro Enrico Preziosi. Temuta soprattutto perché loro stessi hanno detto, in tempi non sospetti e quando non potevano sapere il valore che le loro affermazioni avrebbero assunto nel tempo, che la sentenza della Caf è l’unica da considerare valida. Quindi, crollando quella, crollerebbe l’intero processo al Genoa. E la prova che una sentenza è stata scritta prima ancora di sentire gli avvocati e le loro motivazioni, di vedere le loro prove e ascoltare i loro argomenti, non può reggere neppure nel campo di quella giustizia sportiva abituata a considerarsi al di fuori di ogni altro ordinamento giuridico.
Tra le carte del ricorso al tribunale civile di Genova ci sono infatti anche le controdeduzioni della Figc alle richieste degli avvocati rossoblù. Allora, quando il file con la data antecedente al processo non era ancora stato scoperto dall’avvocato Maurizio Mascia, uno dei punti forti del ricorso era quello relativo al processo di primo grado. Era messo in discussione l’utilizzo delle intercettazioni, ma la difesa del Genoa contestava anche l’equità del processo e soprattutto della sentenza decisa, come recitano gli stessi (e diversi fra loro nel pasticcio delle date) comunicati ufficiali della Figc, con la partecipazione della pubblica accusa in camera di consiglio. Un’aberrazione giuridica anche per un processo sportivo, che infatti veniva negata con forza dagli avvocati Mario Galavotti e Fabio Toriello. I quali, nella loro memoria al giudice Alvaro Vigotti, scrivevano che non solo il procuratore federale non era a Milano nei giorni in cui la Disciplinare spediva il Genoa in C, ma addirittura che, comunque, quella condanna non valeva ormai più. La «decisione di prime cure è peraltro sostituita integralmente nella produzione degli effetti sanzionatori dalla decisione della Caf», mettevano nero su bianco. Tradotto significa che anche la Figc considera il secondo grado di giudizio l’unico valido. Cadendo quello, magari grazie alla prova del file, verrebbe cancellato tutto.
Di più, ora a Genova è in corso l’inchiesta del procuratore capo Francesco Lalla che ipotizza il reato di falso commesso nel corso del processo contro il Genoa.

Nel momento in cui Lalla, che ha già in mano le carte del processo Vigotti, dovesse ricevere una conferma al sospetto di una sentenza preventiva contro la società di Preziosi, potrebbe (non sarebbe costretto, ma ne avrebbe la facoltà) immediatamente sequestrare la sentenza della Caf senza attendere l’esito dell’inchiesta. La Figc sa bene tutto questo. E l’atteso arbitrato al Coni, fissato per il prossimo 12 gennaio, potrebbe dare un’idea di quale sia il grado di preoccupazione della Figc per la bomba-Genoa.

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