Ecco perché la figura del preside è determinante

Ecco perché la figura del preside è determinante

(...) dell’istituto scolastico al termine di una lunga carriera di insegnante, per esercitare, in qualità di «primus inter pares» rispetto ai docenti, una sorta di gratificante «sinecura» prepensionistica, dal contenuto meramente rappresentativo e formale.
Oggi, invece, al dirigente scolastico, preposto a una istituzione che dal 2000 è stata eretta in «autonomia funzionale», spettano, tra l’altro, «autonomi poteri di direzione, di coordinamento, di valorizzazione delle risorse umane», nel rispetto delle competenze degli organi collegiali, nonché l’organizzazione dell’attività scolastica, con connesse responsabilità, l’adozione di tutti gli atti di gestione e, certamente non ultimo per importanza, il ruolo di garante del diritto alla formazione degli studenti.
Ora, senza il sollecito e vigile coordinamento del personale, in attuazione dell’indirizzo di politica scolastica tracciato dal consiglio di istituto e delle scelte di programmazione didattica del collegio dei docenti, la scuola sarebbe abbandonata all’individualismo e all’assoluto autoreferenzialità del singolo insegnante, tanto in materia di programmazione che di valutazione. È questo cui si vuole arrivare svuotando dei suoi contenuti il profilo della dirigenza scolastica?
Il prof. Di Meglio, per restare alle vicende del liceo «D’Oria, ha saputo, con l’autorevolezza che gli deriva dalla sua profonda cultura e dalla grande sensibilità umana ed educativa, oltre che dalle doti professionali e dall’alto senso delle istituzioni, porsi come sicura guida del prestigioso liceo cittadino; in questi anni il preside Di Meglio è stato artefice del suo rilancio e della acquisizione di una posizione di centralità nel panorama culturale genovese, mentre è stato sempre più considerato una fondamentale garanzia per l’educazione e la formazione culturale dei giovani, tanto è vero che spesso i genitori - e lo sanno bene i suoi colleghi della scuola secondaria di primo grado - dovendo scegliere la scuola superiore per i loro figli dicono: «Mio figlio andrà al D’Oria perché c’è il preside Di Meglio». Altro che mix di «parroco, capoufficio o segretario di sezione», definizione del prof. Papini circa l’attuale status del dirigente scolastico.
Riguardo poi alla questione degli incarichi ai docenti e dei relativi compensi, è appena il caso di rilevare che in questa materia - purtroppo - per la tenace volontà delle organizzazioni sindacali del comparto scuola, da sempre ostili e allergiche alla dirigenza scolastica, in modo surrettizio, attraverso il Ccnl dei docenti, è stato limitato a due il numero degli insegnanti cui il dirigente può delegare specifici compiti inerenti l’esercizio della sua funzione organizzativa e amministrativa.
Ma è ovvio che i docenti assegnatari di tale deleghe, dovendo dare attuazione alle direttive del dirigente, non possono che essere individuati sulla base di un rapporto personale, (intuitu personae», secondo la dottrina), di carattere eminentemente fiduciario. In tutte le strutture organizzative moderne i collaboratori del vertice sono designati per incarico, fiduciario sulla base di un’attenta valutazione dei dirigenti, i quali, dovendo rispondere dei risultati, hanno il preminente interesse a scegliere come collaboratori quelli che ritengono più capaci e/o adatti al compito.
Perché mai la scuola dovrebbe prescindere da questo fondamentale indirizzo di buona organizzazione? Forse per impedire o rendere più affannoso l’efficace funzionamento del sistema o un’organizzazione e non una casuale aggregazione di individui, refrattari a riconoscersi in un progetto comune? Andando al nocciolo della questione, il vero problema dell’organizzazione scuola è oggi dato invece dalla mancanza di un vero «middle management». Gli altri incarichi, aventi natura più tecnico-didattica, sono invece di competenza del collegio dei docenti (funzioni strumentali) o del dirigente, ma nel rigoroso rispetto dei criteri stabiliti con le rappresentanze sindacali di istituto.
E non sempre le scelte collegiali vengono fatte in funzione dell’efficienza dell’organizzazione. Il prof. Papini, nei «consigli per chi verrà qui», propugna il principio della rotazione negli incarichi, evidentemente per vincolare le mani al dirigente nelle poche scelte oggi rimesse, come precisato prima, alla sua discrezionalità. Ma che interesse avrebbe il dirigente (e la scuola) ad avvalersi di docenti, forse volenterosi, ma talvolta impreparati al compito o scarsamente adatti ad attuare le sue direttive o ancora - perché no? - ostili alla linea del dirigente e quindi impegnati a ostacolarne l’attuazione. In realtà il vero scopo della proposta sta, nella migliore delle ipotesi, nel rendere difficile la vita al dirigente, nella peggiore a metterlo sotto tutela, come succedeva spesso nella scuola prima dell’autonomia, quando era il Collegio ad eleggere i collaboratori del preside.
Infine un’ultima notazione.
Il principio della rotazione degli incarichi nella scuola è il cavallo di battaglia delle rivendicazioni dei Cobas, un’organizzazione sindacale rispettabile, ma le cui tesi non possono certamente esser ascritte al movimento «illuministico», verso cui traghettare la scuola dopo la presunta dittatura dirigenziale.
Siamo tuttavia certi che il nuovo dirigente del liceo D’Oria, chiunque sarà nella consapevolezza dell’importanza della posta in gioco (l’efficacia del servizio e il rispetto della dignità della funzione dirigenziale), avrà la spina dorsale necessaria per far fronte ai «consigli» espressi dal prof.

Papini e per mantenere al liceo «D’Oria» (e, per il suo rilievo, a tutte le scuole) quel rigore e quella chiarezza organizzativo-gestionale che è una ragione non secondaria del suo successo.
*presidente regionale
Assoc. Dirigenti scolastici

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