Ecco perché ora la crisi fa meno paura

È sembrata quasi una tempistica concordata. Prima Ben Bernanke, il capo della Federal Reserve statunitense, parlando ad Atlanta ha lanciato segnali rassicuranti dicendosi «fondamentalmente ottimista» sulle prospettive di ripresa dell’economia. Poi il presidente Barack Obama, rivolgendosi agli studenti della Georgetown University, ha aggiunto elementi di cautela: «I barlumi di speranza non significano che i tempi duri siano finiti. Non siamo ancora fuori dal pericolo: il 2009 continuerà a essere un anno difficile. Davanti a noi si potrebbero ancora nascondere delle trappole». Lo slancio e il realismo. L’effetto combinato dei due discorsi, che sono rimbalzati nel pomeriggio in tutto il mondo, ha alimentato quella intuitiva fiducia che da qualche settimana cerca di farsi largo negli animi dei consumatori; ma non ha ottenuto riscontri immediati sui mercati finanziari, visto che la Borsa di New York si è mantenuta molto prudente. La debolezza di tutta la seduta, peggiorata poi in chiusura con il Dj giù dell’1,66% e il Nasdaq giù dell’1,74%, è dipesa più da una serie di dati e circostanze, che dalle parole del presidente e del capo della Fed: hanno pesato il calo dell’1,1% delle vendite al dettaglio in marzo (peggiore delle stime), il calo della produzione industriale, sempre in marzo, dell’1,2% (anche qui superiore alle attese), la stima Eia dei consumi di petrolio rivista al ribasso per il secondo trimestre (-4%). Poi: anche se la trimestrale di Goldman Sachs, che gli operatori aspettavano con trepidazione, si è dimostrata positiva (1,81 miliardi l’utile), il suo effetto è stata offuscato dal crollo del mese di dicembre 2008, reso noto contestualmente: 1,02 miliardi di perdita. Un altro dato contrastante: la banca intende rimborsare anticipatamente i 10 miliardi di finanziamenti statali, ma ha chiesto al mercato risorse fresche per 5 miliardi, influenzando i corsi di Borsa (meno 10% a metà seduta). Ora c’è attesa per le altre trimestrali delle banche (Citigroup ieri guadagnava il 12%).
Il settore bancario ha trascinato le Borse europee che, al contrario di Wall Street, sono apparse bendisposte: Milano, la migliore dopo Stoccolma, ha registrato un progresso del 2,34%, mentre tutte le altre piazze hanno chiuso con un indice positivo, ma inferiore all’1%.
Tornando a Obama, il presidente ha tracciato un bilancio delle «prime 12 settimane» e ha invitato gli americani ad avere pazienza: rilanciare l’economia - ha detto, citando la parabola di Matteo - significa «costruire la casa sulla roccia, e non sulla sabbia, per darle solidità e renderla duratura. Non finiremo in un anno. Ma sono sicuro che la casa resisterà e che il sogno dei nostri fondatori vivrà anche nel nostro tempo». E ha citato i cinque pilastri che «faranno crescere la nostra economia» e cioè: «Nuove regole per Wall Street che premino l’innovazione; nuovi investimenti nell’educazione; nuovi investimenti in energie rinnovabili e tecnologie; nuovi investimenti nell’assistenza sanitaria; e nuovi risparmi nel budget federale così da ridurre il debito per le future generazioni».

Determinante sarà riscrivere le regole che governano il sistema finanziario, anche per far sì che non si ripetano «bolle» o casi gravi come Aig: «Nessuno è stato più frustrato di me» nel salvare la compagnia assicurativa, ha detto Obama. Ora l’attesa è per gli stress test sulle banche «che ci diranno di quante risorse hanno bisogno». Mentre la Fed ha assicurato che interverrà «al momento opportuno» contro i rischi di inflazione.

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