Ecco perché il ritorno alla vecchia lira può essere un affare

di La crisi ci ha costretti a mettere la disciplina di bilancio in Costituzione. Era ora. Ma sullo sfondo rimane una domanda. Perché mai uno stato dovrebbe rimanere in questo Euro? In passato molti euroscettici si sono posti la domanda per motivi sbagliati. La crisi dei debiti sovrani invece ha fatto emergere un limite serissimo della moneta unica che rende la questione molto reale. Il rendersi conto che i debiti dell’eurozona non erano in pratica garantiti da nessuno perché la Bce, per ordine soprattutto della Germania, non si sarebbe prestata ad acquistarli «stampando moneta» come invece accade per gli altri stati sovrani, ha provocato una fuga enorme di capitali dai titoli di Stato dei paesi più deboli dell’eurozona che sembra non avere fine. Una volta che il panico si scatena non c’è modo di placarlo se non con azioni drastiche: confusi fondi di stabilità europei, manovre economiche, nuove tasse, addirittura patrimoniali servirebbero solo a spaventare ulteriormente i mercati, a deprimere la crescita e, anche se fossero efficaci come gettito, avrebbero la stessa utilità del secchio d’acqua nella vasca sfondata. Anche altri illustri commentatori, fra cui il Nobel Krugman, si stanno accorgendo che la strada deve essere un’altra. Occorre la garanzia totale, diretta o indiretta, centralizzata, su tutto il debito europeo, magari in cambio di contropartite importanti come e oltre le modifiche costituzionali annunciate ieri, oppure l’Euro deve dissolversi con il ritorno immediato alle valute nazionali. Del resto il vantaggio principale dell’Euro era costituito dalla possibilità di finanziarsi a tassi di interesse bassi: se esso non solo viene a mancare, ma mette a rischio la possibilità stessa di rinnovare il debito perché rimanere? Va inoltre considerato che la tempesta che si è abbattuta sui titoli degli stati deboli paradossalmente potrebbe facilitare l’operazione di scioglimento della moneta unica, avendo ormai anticipato nei fatti gli effetti distruttivi che si sarebbero avuti considerando quest’eventualità prima della crisi. Come potrebbe attuarsi un ritorno alle vecchie/nuove valute? Posto che la conversione del debito pubblico deve essere internazionalmente concordata, occorrerebbe minimizzare gli impatti interni, prevedendo una cambio obbligato di tutti i rapporti e i depositi 1 a 1 con banconote e monete delle stesse dimensioni dell’euro, in modo da non dover riprogrammare bancomat, computers, macchinette e parcheggi. Ognuno riceverebbe lo stipendio e la pensione esattamente della stessa cifra ma in nuove Lire invece che in Euro. Ovviamente cambierebbero le parità con le altre monete dell’area ex-Euro ma probabilmente meno di quello che si potrebbe pensare: una Germania con un nuovo Marco rivalutato diventerebbe molto meno interessante dato che tutta la sua crescita deriva dalle esportazioni e i nostri conti, una volta disattivata la mina del debito, non sono tremendi. Il gap che si è aperto fra i nostri titoli e i bond tedeschi, senza contare le difficoltà del dollaro e i livelli ormai stellari del franco svizzero, è già sufficiente per rendere meno sicuro il guadagno possibile cambiando precipitosamente asset domestici con titoli esteri per approfittare della svalutazione. Rimarrebbe da gestire il debito privato verso l’estero, che deve essere onorato in Euro, ma rispetto ad un default catastrofico generalizzato si tratta di un problema minore. I colloqui fra i leader europei sono in corso, come dimostrato dai provvedimenti annunciati ieri. Ma non si deve parlare di toppe momentanee.

Il governo deve chiamare i partner europei ed avere il coraggio di porre una domanda secca: garantiamo il debito come abbiamo garantito le banche nel 2008? Si (e se si a quali condizioni) o no? Se la risposta fosse no, occorre far saltare le ferie a Bankitalia e prepararsi subito per la nuova lira.
twitter: @borghi_claudio

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