Ecco perché tutti gli estremisti sono in Lombardia

MilanoCi sono certamente anche circostanze casuali, intorno all’impressionante radicamento dell’estremismo islamico in Lombardia: perché l’estremismo viaggia sull'onda (e, per alcuni aspetti, nel brodo di coltura) dell’immigrazione clandestina, ne segue i percorsi e i cicli, e tutto questo avviene per forza in modo piuttosto caotico. Ma chi da anni si occupa della lotta al terrorismo di matrice musulmana nel nostro paese sa perfettamente che la vera spiegazione di questa anomalia lombarda, quella che ha trasformato Milano e la sua regione in terra di conquista per gli uomini della jihad è soprattutto figlia di una strategia precisa e determinata. C’è stato un momento in cui, a migliaia di miglia da qui, le teste pensanti dell’integralismo islamico hanno stabilito che Milano e la Lombardia dovevano essere «colonizzate». È lì che è cominciato tutto.
Nelle analisi degli esperti dell’antiterrorismo, tutto inizia una vita fa: tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta, quando la minaccia islamica all’Occidente è un incubo di là da venire, e se qualcuno dicesse che all’inizio del 2001 le Torri Gemelle verranno sgretolate da un attacco suicida verrebbe preso per matto. Ma dall'altra parte si sta già lavorando, con uno zelo che - a conti fatti - si rivelerà assai più lungimirante delle contromisure occidentali. In Egitto i Fratelli Musulmani - l’organizzazione storica dell’integralismo nel paese - pianificano lo sbarco in Europa dei predicatori destinati a istruire la folla di disperati che si prepara ad attraversare il Mediterraneo. Sono i Fratelli Musulmani a decidere che a Milano ci sarà una moschea, e che a guidarla deve essere un uomo di fiducia. È così che si mettono le basi per la creazione del Centro di cultura islamica di viale Jenner, sul quale per molti anni regnerà l’imam Anwar Shaban, fino a quando inseguito dai mandati di cattura si sposterà a combattere in Bosnia, dove morirà combattendo la sua guerra santa.
Per anni - ma lo si scoprirà solo molto dopo - in viale Jenner sotto la guida di Anwar Shaban si indottrina, si organizza, si raccolgono finanziamenti, si inviano i combattenti ai campi di addestramento che la giovane Al Qaida gestisce in Oriente ma le cui porte sono aperti ai fratelli delle altre organizzazioni. Il proselitismo è così intenso che sparge i suoi effetti in tutta la regione, i fedeli che passano per viale Jenner riportano il verbo di Anwar Shaban nelle cento piccole comunità sparse per la regione. Si creano fenomeni di emulazione, piccoli leader locali crescono all’ombra del radicalismo esasperato che si predica in viale Jenner.
Perché la Lombardia sia un obiettivo strategico per le avanguardie del terrorismo è facile da capirsi. È un posto affollato. Ha un’economia solida, diffusa, ricettiva. Qua ci sono i soldi, qua è facile diluirsi, passare inosservati, ma anche raccordarsi, creare business, raccogliere risorse umane e finanziarie da destinare ai fratelli in guerra. Per anni - sostanzialmente fino all’attacco dell’11 settembre - questo network ha la possibilità di crearsi e rafforzarsi pressochè indisturbato.
Dopo le Torri Gemelle tutto cambia. Però ormai le radici del terrorismo sono piantate nel territorio lombardo. E quando nel 2001 scattano le prime retate, la rete dell’integralismo sembra dissolversi solo in apparenza. Non c’è più una struttura centralizzata, verticale, ma ci sono centinaia di piccole realtà, a volte massicce come viale Jenner, a volte di poche decine di uomini, che però condividono gli stessi valori e lo stesso know how organizzativo. In viale Jenner, d’altronde, lo scenario è cambiato. Al posto di Anwar Shaban è arrivato Abu Imad, il nuovo imam, che fino al 2000 si è mosso nel solco estremista del predecessore, poi è sembrato moderarsi, anche se l’ombra del doppiogioco continua a lambirlo. Ma un imam dai toni accesi ormai non serve neanche più. Come in Irak e in Afghanistan sotto l’urto dell’attacco militare, così la rete del terrore si trasforma in nebulosa anche in Italia sotto i colpi delle indagini della magistratura. A predicare, a diffondere il seme dell’odio e della rivolta, basta Internet.

Non è un fenomeno solo italiano: è da questa galassia che in Inghilterra partiranno gli attacchi ai bus e alla metropolitana dell’estate del 2005. Ed è - con danni infinitamente minori - da questa galassia che a Milano spunterà all’improvviso, il 12 ottobre, per lanciarsi all’attacco della caserma Perrucchetti, il libico Mohamed Game.

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