Ecco quanto ci costerebbe uscire dalleuro
2 Giugno 2005 - 00:00Ci sono mutui per 140 miliardi e prestiti al consumo per 80: se sale il costo del denaro per chi si è indebitato sono guai
Rodolfo Parietti
da Milano
Un giorno, incrociando lex allievo Antonio Martino, Milton Friedman se ne uscì con questa battuta: «Mi raccomando, dì al governatore Fazio di non buttare i cliché della lira». Leuro doveva ancora nascere, ma già risuonavano le bocciature degli ultras dello scetticismo come lamericano premio Nobel per leconomia. Oggi lesercito di chi vagheggia il ritorno al passato, alla vituperata e sgangherata liretta dun tempo, si è ingrossato: ci sono quelli che considerano leuro un portatore malsano di inflazione e quelli che lo accusano di essere il responsabile della perdita di competitività del made in Italy.
Ma leuro non sparirà dalle nostre tasche. Perché laddio alla lira ha coinciso con un punto di non ritorno. Il Trattato di Maastricht, larchitrave dellUnione monetaria, non consente fughe: la possibilità di abbandonare la moneta unica per tornare alla valuta nazionale non è nemmeno contemplata dal documento firmato nel febbraio 92. Una blindatura tanto logica quanto legittima, tesa comè a evitare variabili disgreganti dellUnione. È prevista solo la possibilità di richiedere una revisione del Trattato, che andrà poi discussa tra tutti gli Stati membri. Insomma: le azioni unilaterali sono tassativamente proibite.
Eppure, quel divieto che inibisce ogni tentazione è un bene. E, forse, una salvezza. Per economisti ed esperti valutari lipotesi - fantascientifica - di unuscita dellItalia dalleuro è infatti «una follia». E ancora: «un suicidio», «unazione degna di un masochista». E non solo perché il nuovo change over comporterebbe un nuovo sforzo finanziario da parte delle aziende, almeno pari a quello sostenuto in occasione del passaggio alleuro e misurato in circa 100 miliardi delle vecchie lire per ogni singola grande impresa. Le ripercussioni più pesanti verrebbero sopportate dallintero sistema-Paese. Un peggioramento della situazione del debito pubblico, oggi pari al 106% del Prodotto interno lordo, sarebbe inevitabile. Uno scenario ipotizzabile è questo: in poche settimane, lo spread (ovvero il divario, lo scarto) tra il Bund tedesco e i Btp oscillerebbe tra i 150 e i 200 punti contro i 18-23 attuali; la spesa per interessi salirebbe così dal 6% del Pil al 6,5% in due anni, per balzare all8% nel giro di quattro. «Rispetto ad altri Paesi - dice il capo-economista di una banca - lItalia ha un debito con scadenze più ravvicinate, in media quattro anni. Ricordiamoci che nel 99 i rendimenti sui titoli di Stato erano attorno al 10%: leuro ha consentito una riduzione dei tassi, e dunque un beneficio gigantesco, collettivo. Anche per le nostre imprese, gravate da un rapporto debito-fatturato molto alto».
Luscita dalleuro costituirebbe poi una sorta di marchio di inaffidabilità dellItalia a livello internazionale che i mercati ci farebbero subito scontare: quanto durerebbe un eventuale cambio alla pari tra lira ed euro? Un giorno, una settimana?
Anche per le famiglie il ripristino della vecchia moneta non sarebbe conveniente. Negli ultimi anni il credito al consumo, quello che una volta si chiamava «pagare a rate», ha vissuto un vero e proprio boom, che qualcuno mette in relazione con limpoverimento degli italiani e altri invece con il basso livello dei tassi. In ogni caso, i 54 miliardi di euro del 2002 sono diventati 80 nel 2004. Discorso analogo per i mutui immobiliari, pari a 155 miliardi lo scorso anno. Laumento del costo del denaro, quindi, metterebbe in difficoltà molti italiani indebitati. «È vero, gli italiani - spiega un analista - percepiscono un aumento incontrollato dei prezzi. E, in parte, leuro ne è la causa. Ma spesso si dimentica come la moneta unica abbia anche contribuito a evitare incrementi di listino dei beni durevoli, come computer ed elettrodomestici».
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