Ecco le riforme che servono ai professionisti

Il ministro della Giustizia Alfano il 15 di aprile darà l’avvio a una serie di incontri con i rappresentanti degli ordini professionali e delle associazioni di rappresentanza delle varie categorie di liberi professionisti. Il mondo delle professioni è stato per molti anni trascurato, maltrattato, bistrattato dai partiti di sinistra e dagli intellettuali, catturati dalla vecchia dottrina marxista e gramsciana per cui sono solo l’industria e la classe operaia le parti vive della società. Al massimo si è arrivati a concedere un riconoscimento agli artigiani, individuando nella manualità (sic) la caratteristica peculiare di questa categoria. Il centro sinistra di Bersani e Visco in anni recenti ha quasi criminalizzato i professionisti, additandoli come i maggiori evasori fiscali ed assoggettando perciò le prestazioni professionali a particolari regole di pagamento, poi modificate perché vessatorie.
Bersani, nelle sue lenzuolate di liberalizzazioni, fatte senza prima aver consultato le categorie, ha impostato il tema sulla base dell’assunto che in generale gli ordini professionali esercitano poteri di monopolio. Alfano ha una impostazione diversa, basata sul principio di Einaudi «conoscere per deliberare». Lo farà incontrandosi con le associazioni che rappresentano una parte considerevole delle categorie professionali, anche se non tutte. Non sarebbe possibile perché questo mondo è, si può dire, l’avanguardia dell’intenso cambiamento della società, sempre più orientata al capitale umano, rispetto a quello fisico, e ai servizi, rispetto ai beni a cui essi conferiscono qualità e utilità. Accanto alle professioni tradizionali, sempre importanti, la triade degli ingegneri, avvocati e medici, con l’aggiunta dei notai, dei farmacisti e, negli ultimi decenni, dai dottori commercialisti e degli architetti, ora ci sono tante nuove professioni, da quella degli psicologi a quella dei consulenti e dei promotori finanziari, a quelle delle varie specializzazioni paramediche, a quelle informatiche. E le professioni tradizionali si sono ramificate con specializzazioni sempre più sofisticate, ad esempio in medicina, nella pediatria, nella geriatria, nella diagnostica, nella dietetica. E sono certo di avere tralasciato, nell’esemplificazione, molte professioni importanti.
Tutte, nella loro varietà, hanno in comune alcuni problemi, che sono già nell’agenda del ministro Alfano oppure sono sotto traccia e dovranno emergere. Io ne segnalo alcune. Una, urgente, solo in parte di competenza del ministro della Giustizia, è la non tassabilità nell’Irap dei professionisti, che non siano classificabili come aziende. C’è una importante sentenza della Cassazione che stabilisce che quando l’attività professionale consiste soprattutto di lavoro autonomo del professionista e di un apporto molto minore di capitale e lavoro dipendente, essa non va assoggettata all’Irap. Occorre chiarire in concreto questo concetto per fare in modo che vi si adegui anche l'Agenzia delle Entrate. Il tema interessa soprattutto i giovani, che svolgono un lavoro professionale in proprio, partendo da zero. C’è poi la questione delle tariffe professionali. Bersani da ministro dello Sviluppo economico abolì le tariffe professionali minime, creando il caos. Infatti, in mancanza di queste tariffe, il rimborso delle spese legali per una lite persa, o quello delle spese sanitarie per un danno subito alla persona o dell’ingegnere per un danneggiamento di un bene immobile è rimesso a valutazioni soggettive. E per le Pubbliche Amministrazioni che si avvalgono di professionisti, mancando il riferimento a dati oggettivi, è possibile giustificare meglio gli eventuali favoritismi. Dunque questi tariffari minimi occorrono, ma debbono essere derogabili fra le parti, anche in diminuzione. C'è un altro aspetto da regolare, non facile, quello della base di riferimento delle tariffe professionali : la percentuale sul valore spesso dà luogo a totali assurdi, quella sulla durata può allungare le liti e i lavori. Ma un riferimento plausibile occorre e può essere fatto solo a cura dei consigli degli ordini professionali con il vaglio dell’autorità di vigilanza. Ed ecco, appunto, il quarto tema : quello degli albi professionali italiani e dei professionisti di Paesi dell'Unione europea. Un regime libero comporta tre regole. L'albo deve essere aperto.

Vi si entra sulla base di accertate qualifiche e se ne esce o si è sospesi solo con delibere appellabili, con l'ultima parola a una autorità esterna imparziale, per evitare le camarille corporative. Ed occorre la massima trasparenza. Qui può valere l’analogia del made in Italy e delle denominazioni di origine. Perché l'utente ha diritto a scelte informate.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica