Pietro Acquafredda
Teatro alla Scala, 1814. Gioacchino Rossini, 22 anni, presenta senza grande successo la sua nuova opera: Il turco in Italia, a pochi mesi dalla precedente LItaliana in Algeri, della quale venne intesa come semplice rovescio di ambientazione: nella prima unitaliana, bella e scaltra, viene fatta prigioniera dai pirati e portata ad Algeri; qui, un fascinoso principe straniero, turco, sbarca sulle coste italiane. I milanesi, sospettosi, pensarono che Rossini volesse rifilare loro una minestra riscaldata e perciò lo snobbarono. Ma si sbagliarono di grosso, perché Il Turco in Italia non era affatto una riedizione rovesciata dellItaliana in Algeri, ma unopera affatto diversa, con non pochi elementi di novità sia sul piano narrativo che musicale. Perché lambientazione napoletana per la nuova opera? Perché a Napoli cè il mare, naturalmente; ma soprattutto perché, avendo la Scala ospitato Così fan tutte di Mozart, ambientata a Napoli, si voleva (per risparmiare?) sfruttare la medesima ambientazione scenica. Ma il richiamo al capolavoro mozartiano è più forte e va oltre la semplice ambientazione: cè il gioco delle coppie, i vari travestimenti, e il poeta (che fa pensare al Don Alfonso mozartiano), che volendo scrivere una nuova commedia, cerca nella vita la storia e i personaggi che fanno per lui e dà il via a unazione che molti hanno interpretato come anticipatrice del Pirandello dei Sei personaggi in cerca d'autore.
Ecco alcune fra le molte, importanti novità del Turco in Italia che dopo la tiepida accoglienza milanese, prima di essere pienamente apprezzata, dovette attendere il 1950, quando a Roma, sotto la bacchetta di Gavazzeni, allEliseo, ebbe superlativa interprete di Fiorilla, la giovane Callas.
Stefano Vizioli, per il nuovo allestimento romano del Turco rossiniano che debutta martedì 30 maggio allOpera, ha mantenuto naturalmente lambientazione napoletana; ma lha postdatata ai primi del Novecento, in una società «più disinvolta e libera di quella odierna», sottolineando certi aspetti tipici degli ambienti sociali napoletani e la naturale attitudine al comico della popolazione, immortalata anche in alcuni indimenticabili film di Totò, come Totò a colori e Totò imperatore di Capri.
Direttore Donato Renzetti; regia di Stefano Vizioli; scene e costumi di Susanna Rossi Jost. Maestro del coro Gea Garatti.
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