Controcultura

Ecco il ruolo politico di "mito e anti-mito" della Repubblica di Salò

Calato il sipario sul fascismo, la Repubblica di Salò ha lasciato di sé una memoria tenace, maledetta, e soprattutto divisiva.

Ecco il ruolo politico di "mito e anti-mito" della Repubblica di Salò

Calato il sipario sul fascismo, la Repubblica di Salò ha lasciato di sé una memoria tenace, maledetta, e soprattutto divisiva. Divisiva tal punto da essere direttamente chiamata in causa, anche se in negativo, dalla stessa definizione di legittimità della risorta democrazia.

È stata rifiutata dai più e difesa da pochi, ma da questi pochi con una forza speciale, propria di chi ha individuato in quella memoria la fonte della sua stessa identità. Ha esercitato perciò un'influenza non solo stabile, ma anche larga, come mito e come antimito, per i neofascisti e per gli antifascisti. In positivo, ha costituito il riferimento d'obbligo dei nostalgici, utile ad alimentarne l'identità, la militanza e l'impegno. In negativo, si è offerta come l'antecedente che prima ha fatto scattare la ribellione dei democratici e poi si è eretta come minaccia incombente sul presente e sul futuro della democrazia.

Per quel che riguarda i neofascisti, non c'è dubbio che il mito della Rsi abbia esercitato un'influenza penetrante e stabile sul loro immaginario, prima ancora che sulla loro cultura. Un'influenza tanto più massiccia e debordante quanto più nostalgica si è confermata l'inclinazione degli epigoni del fascismo, tutti volti con lo sguardo all'indietro a magnificare un passato che non c'è più (e che non ci poteva più essere) invece che ad approntare adeguate risposte alle sfide del presente.

Dalla sconfitta della Rsi sarebbe derivata a valanga tutta una serie di danni per l'Italia. La Liberazione hanno argomentato - «ci ha fatti schiavi». La democrazia instaurata con la fondazione della Repubblica ha liberato il campo all'«arbitrio insolente dei partiti». Serviva un mito alternativo per tener viva la fiamma della fede e al contempo per sottrarre legittimità politica al ceto politico dominante, oltre che alle istituzioni succedute al fascismo. Per i più oltranzisti la Rsi valeva addirittura come modello di un «Ordine Nuovo», alternativo sia alle democrazie capitalistiche che al collettivismo comunista. Questi non si accontentavano di contestare il mito della Resistenza. Miravano senza infingimenti a elevare quello del suo opposto, la Rsi.

A fronte di quanti si sono proposti di erigere il mito positivo della Rsi si estende la schiera di quanti si sono accontentati di falsificare il mito della Resistenza, paghi alla sola idea di poter sottrarre alle mani degli antifascisti una risorsa politica troppo penalizzante per la loro causa.

Si tratta dei cosiddetti pontieri, preoccupati di saldare un passato fascista con un presente che non era più fascista ma che non si accettava fosse antifascista. In questo caso, il mito della Rsi si rivelava corroborante di un patriottismo politicamente neutro.

In conclusione, si può affermare che la memoria della Repubblica di Salò sia stata oggetto di fede per gli «intransigenti», motivo d'orgoglio per i «possibilisti», un mito inestinguibile per tutti nonchè la sponda utile a ciascuno per sviluppare la propria iniziativa politica. Utile a sostenere l'offensiva lanciata contro la Repubblica antifascista macchiatasi della colpa, ieri della resa e del tradimento, in seguito della partitocrazia, del parlamentarismo, del gregarismo succube degli Usa.

Parimenti utile a sviluppare una più prosaica marcia di inserimento nel capace ed accogliente fronte dei moderati e dei conservatori indisponibili ad avallare il patto costituzionale stretto dai partiti antifascisti.

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