«Un desolante quadro di sudditanza politica», lo definisce la Procura della Repubblica di Bologna. Per sudditanza politica, e per nessun altro motivo,ivertici dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna strapparono gli accordi che dovevano portare il chirurgo Ignazio Marino a lavorare nel capoluogo emiliano. Unica colpa di Marino: essere sceso in campo contro Pier Luigi Bersani nella corsa per la segreteria del Partito democratico. Per questo i vertici dell’azienda ospedaliera bolognese di stretta osservanza bersaniana mandarono a monte l’accordo con Marino, infischiandosene dei vantagg i che l a presenza a l Sant’Orsola di un chirurgo noto in tutto il mondo avrebbe portato ai pazienti e alla cittadinanza. È una storia curiosa, quella di Marino, licenziato a Bologna prima ancora di mettere piede in una sala operatoria. È una storia di cui non si sarebbe saputo mai nulla se per caso, nel corso di una inchiesta calabrese per tutt’altre faccende, non fosse stata registrata una conversazione tra il commercialista Giuseppe Carchivi, originario di Crotone ma con studio a Siena, e un chirurgo bolognese. Il pm Pierpaolo Bruni, quando legge le trascrizioni, fa un salto sulla sedia. Poi ne fa una copia e la trasmette per competenza alla Procura bolognese, perché quello che emerge con chiarezza è un caso clamoroso di addomesticamento della cosa pubblica a fini politici sotto le Due Torri. Il chirurgo racconta senza mezzi termini al commercialista - è l’intercettazione che pubblichiamo in questa pagina, nella sua sconcertante chiarezza - che il siluramento di Marino è stato frutto di una «vendetta trasversale» per la sua discesa in campo contro Bersani. A Bologna il fascicolo viene assegnato al pubblico ministero Luca Tampieri, che apre una inchiesta a carico di ignoti per abuso d’ufficio. Tampieri interroga Marino, che conferma tutto. Interroga i medici e i vertici del Sant’Orsola, che si arrampicano sugli specchi. Alla fine Tampieri - come anticipato ieri dal Resto del Carlino - chiede di archiviare tutto. Non ci fu reato, dice. Ma ha parole di grande severità per i motivi, «esclusivamente di natura politica» della guerra a Marino. Il pm scrive che Ignazio Marino, nel corso del suo interrogatorio, «confermava di avere avuto una articolata trattativa con la direzione dell’ospedale Sant’Orsola ed in particolare con il direttore generale e di avere raggiunto con il predetto centro un accordo formalizzato in una bozza, della quale era in possesso, che stabiliva tempi e modi della sua collaborazione nonché delineava i profili economici della medesima», ma «la successiva decisione del medesimo di candidarsi alle elezioni primarie per il Pd cambiava la prospettiva dei rapporti, tanto che la trattativa di cui sopra subiva una battuta di arresto definitiva». «Infatti come riferito dallo stesso prof. Marino, dopo la sua candidatura il 4 luglio 2009 cambiò radicalmente il tenore dei rapporti intrattenuti con il dr.Cavina che rappresentava l’Azienda ospedaliera ». Nel corso dell’inchiesta, i vertici dell’ospedale bolognese hanno provato a sostenere che a causare il brusco stop all’accordo col chirurgo sarebbe stata in realtà «l’imminente radicale trasformazione del polo chirurgico bolognese »: che invece, per il pm, «nulla aveva a che vedere con la possibile collaborazione del prof. Marino». A rendere chiaro il movente del niet a Marino, scrive il pm, bastano da sole le telefonate. «Risulta evidente dal tenore delle telefonate intercettate che il motivo della interruzione dei rapporti fu di natura prettamente politica. Lo steso Marino, colloquiando con i colleghi di Bologna dopo la interruzione dei rapporti, ebbe da questi la conferma che la ragione della rottura delle trattative fu di natura politica, attesa la sua candidatura per le primarie “contro” la figura di Bersani. La sua collaborazione con il polo ospedaliero del Sant’Orsola avrebbe in altre parole potuto nuocere a Bersani e costituire d’altro lato un notevole elemento di sostegno per lo stesso Marino sotto un profilo legato esclusivamente alla competizione politica».
L’interrogatorio dei medici intercettati «benché essi abbiano negato, anche oltre ogni evidenza e logica» la natura del boicottaggio, «ha riconfermato l’assunto risultante a chiare lettere dalle conversazioni registrate; in queste i riferimenti sono specifici e indubbi e tracciano un desolante quadro di sudditanza politica delle scelte anche imprenditoriali di una azienda ospedaliera di primaria importanza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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