Ecco lo stile di una volta: è tornato e veste moderno

«Resterà quel che hai amato, il resto non è che cenere, quel che hai amato è la tua eredità». Da questa frase che per inciso è di Ezra Pound, arriva un concetto basilare nel mondo della moda: il cosiddetto heritage. Per maneggiarlo come si deve ci vuole la dose extra di modernità che Donatella Versace ha messo nel suo prét à porter femminile per la prossima estate in passerella ieri sera a Milano. «Versace deve essere glamour, lusso, sensualità, ma nel XXI secolo bisogna prendere ispirazione dalla rete e dalla strada dove tutte le donne si vestono in T-shirt e jeans, gonna e giubbotto. Li ho semplicemente trattati con l'importanza che meritano» spiega poco prima di far sfilare le sue modelle su uno speciale sfondo verde lime che in qualche modo sottolineava la perfezione chirurgica delle linee. «Tutto merito dei materiali» sostiene nel backstage mostrando la raffia mista a seta delle gonne ampie modellate dalle stesse fasce elastiche dei sandali alti 18 astronomici centimetri tra tacco e plateau. «Comodissimi» ha detto lei passando poi ad illustrare il jeans in denim elasticizzato dietro e davanti in chiffon decorato da rose di pelle nera.
Sensazionali le T-shirt con le maniche in maglia metallica e una grafica a metà strada tra heavy metal e Harley Davidson oltre alla serie davvero bellissima con i lussureggianti motivi floreali del brand. Da non perdere la nuova borsa Palazzo che si arrotola e diventa una busta chiusa dalla borchia a forma di Medusa oltre ai classici abiti e giubbotti con i ganci di metallo che prima decorano e poi aprendosi rivelano ampie porzioni di corpo. Più pacata per sua natura ma ugualmente attentissima all'heritage, Veronica Etro ha lavorato sul concetto del nuovo tailleur partendo dalle stampe. Assemblate con un senso del colore e della misura fuori dal comune, esaltate da sapienti tocchi luccicanti per esempio nelle frange a catenina metallica dei foulard, oppure stemperate dai toni soffusi dei pezzi tinta unita. E i segni del mondo ci sono eccome: nel classico motivo Paisley ma anche nella rete detta Tally in cui passa una fettuccia metallica martellata a mano. «La stampa per me è gioia» dice Veronica nel backstage, mentre Gaia Trussardi che ha saldamente preso in mano la direzione creativa del brand fondato dalla sua famiglia un secolo fa, racconta di aver pensato a una diva che parte da Los Angeles e attraversa il deserto californiano fino a Joshua Three. In realtà le lunghe gonne dalle linee taglienti portate con scarpe basse e con il Teddy in pitone verniciato bianco ci sembrano la quintessenza del marchio del levriero.
Molto carina anche la collezione Les Copains dove l'heritage è la maglieria con cui vengono finiti perfino gli abiti in gazar di seta o in Mikado: i più classici tessuti da alta moda. Interessanti i tocchi di luce sulle sottovesti che spuntano dalle gonne a campana sotto ai maxi pull a costa inglese. Antonio Marras che ha appena ricevuto la laurea honoris causa dall'Accademia di Brera, chiude la sua sfilata con una serie di abiti straordinari fatti da tele che lui stesso ha dipinto (le sue inconfondibili faccine ovali stile Modigliani), ritagliato e assemblato con artistico furore sul tulle tecnologico.

Very Marras anche se noi ritroviamo intatta la poetica dei suoi inizi soprattutto negli abiti con soprabito-cappa stampato a grandi rose e a romantici giardini.

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