Gianni Pennacchi
da Roma
Carlo Azeglio Ciampi «consiglia» di andare alle urne anzitempo. Ai primi daprile, meglio ancora lultima domenica di marzo, par di capire, se gli adempimenti successivi abbisognano di «due mesi, due mesi e mezzo» di tempo. Ma sono davvero quelle, e soltanto quelle, le motivazioni addotte dal Quirinale?
Muoviamo dai fatti e dalle regole. Secondo Costituzione le elezioni politiche devono tenersi entro 70 giorni dalla fine naturale della legislatura, e questa in corso finisce il 29 maggio prossimo. La precedente, dopo molti lustri durata i normali cinque anni, giungeva a compimento il 20 aprile 2001, e infatti si votò il 13 maggio successivo. E sempre la Carta a stabilire che le nuove Camere devono riunirsi entro 20 giorni dalla loro elezione per scegliere i loro presidenti, formare gli uffici e i gruppi parlamentari, dando così modo al capo dello Stato di avviare le consultazioni e affidare lincarico per la formazione del governo.
Una prima deduzione è che votare a metà maggio come la volta scorsa sarebbe ancora fisiologico. Ma anticipare di 40 o addirittura 60 giorni è un vero e proprio scioglimento anticipato, che sta sì nei poteri del Quirinale (sentiti i presidenti di Camera e Senato, ovviamente) ma è impraticabile senza lassenso della maggioranza di governo. In soldoni: quando votare lo decide il governo (sinché ha la maggioranza), e questa sortita del presidente Ciampi suona quanto meno irrituale. Sì va be, ci aspettano lEcofin e il Dpef, ma nel 2001 non avevamo scadenze? La seduta inaugurale delle Camere si svolse senza affanni il 30 maggio, e il governo giurò tranquillamente l11 giugno.
Quel che i fautori dell«anticipo» non dicono, è che uno o due mesi in meno di vita per ogni legislatura sono uno spreco, portano alla morte un mare di provvedimenti. Per fare un esempio e non far torto allUlivo che allora governava: se nel 2001 fossimo andati a votare a marzo, anche in aprile, sarebbe caduta la riforma delle adozioni. Pensate a quanti progetti di legge, anche condivisi, approvati da un ramo del Parlamento e che finiranno azzerati poiché i tempi della corsa son stati tagliati. Il calendario è questo: tra poco il Parlamento chiude per ferie, lautunno e linverno si consumerannno come sempre sulla finanziaria, poi viene Natale e sannamo a cuccà, come recita la celebre canzone napoletana. E sì, per votare tra marzo e aprile bisogna sciogliere il Parlamento una mesata prima, e se gli onorevoli tornano al lavoro dopo la Befana, cosa volete che riescano a completare in un paio di settimane?
Nella strage dei più o meno innocenti (sempre di leggi trattasi), a pagare in prima persona e pesantemente sarebbe proprio il governo. A tuttoggi infatti, sono ancora 200 i disegni di legge varati dal Consiglio dei ministri che ballano alla Camera o al Senato, i più han fatto mezzo giro e rischiano lasfissia in pista se saccorcia il calendario. Va a rischio la Grande riforma federale (il prezzo per aver la Lega ancora nellalleanza), che deve compiere ancora un giro di lettura. E la riforma della legge elettorale, che il premier propugna ancor più della par condicio e che non ha mosso ancora nemmeno un passo, sarà cotta e sfornata a carnevale?
Che lopposizione tifi per lanticipo è ovvio, ma perché lo consiglia Ciampi? Forse la risposta sta ancora nelle regole e nei fatti. Il suo settennato finisce il 18 maggio. Se il popolo sovrano è chiamato alle urne intorno a quella data, il nuovo Parlamento dovrà riunirsi per eleggerne il successore «entro 15 giorni» dalla seduta inaugurale; e non è escluso che lincarico di formare il governo finisca nelle mani del nuovo capo dello Stato.
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