Cosa c'è davvero dietro alla maxi donazione di Jeff Bezos

Le mega donazioni sono usate dai miliardari come Jeff Bezos, fondatore di Amazon, per pagare meno tasse e avere sconti fiscali nel corso degli anni

Cosa c'è davvero dietro alla maxi donazione di Jeff Bezos

"Destinerò gran parte della mia ricchezza alla lotta contro i cambiamenti climatici" e al sostegno di persone in grado di "combattere le profonde divisioni sociali e politiche che affliggono l'umanità". Ad annunciarlo è Jeff Bezos, fondatore di Amazon e a lungo in vetta alla classifica delle persone più ricche del pianeta, il quale ha spiegato, in un'intervista esclusiva alla Cnn, che donerà la maggior parte del suo patrimonio da 124 miliardi di dollari in beneficienza. Nell'intervista rilasciata a Chloe Melas della Cnn nella sua abitazione a Washington, DC, Bezos, parlando insieme alla sua partner, la giornalista Lauren Sánchez, ha affermato che la coppia sta "costruendo le condizioni per donare questi soldi”. Il magnate ha sottolineato che lui e Sánchez hanno accettato la loro prima intervista insieme da quando hanno iniziato a frequentarsi nel 2019 per dare risalto al Bezos Courage and Civility Award, assegnato quest'anno alla musicista Dolly Parton. Il miliardario non ha chiarito i dettagli della mega-donazione, ma di recente ha stanziato 10 miliardi di dollari per combattere il cambiamento climatico e proteggere la natura attraverso il progetto Bezos Earth Fund, di cui è presidente.

Filantropia o elusione fiscale?

La "filantropia" fa parte della cultura americana. Negli Stati Uniti, infatti, tutte le persone più ricche e benestanti supportano organizzazioni filantropiche e organizzano costantemente eventi di beneficienza. Nel caso dei pluri-miliardari così potenti e influenti come Bezos - ma si potrebbero citare i casi di Bill Gates o del finanziere George Soros - dietro alla mera beneficienza ci sono anche altre motivazioni. Anche meramente fiscali. Nel giugno 2021, l'organizzazione no profit Pro Publica, pubblicava un'analisi dettagliata delle dichiarazioni fiscali di molti miliardari arrivando alla conclusione che i milionari pagano molte meno tasse di quanto dovrebbero grazie anche alle donazioni filantropiche. Bezos, ad esempio, ha pagato zero tasse sul reddito nel 2007 e nel 2011, mentre Elon Musk non ha pagato nulla nel 2018. Nella lista c'è anche il sopracitato George Soros, che non ha pagato tasse per tre anni di fila.

Il finanziare George Soros ha trasferito, nel 2017, circa 18 miliardi di dollari della sua fortuna sotto forma di donazione alla Open Society Foundations – rete di fondazioni internazionali fondata dallo stesso magnate e sotto suo il totale controllo. Un’ingente somma di denaro che, come ha rilevato il Wall Street Journal, non poteva essere tassato dall’Internal Revenue Service, l’agenzia governativa statunitense responsabile della riscossione delle imposte. E c’è di più. Grazie a questo “escamotage” legale, sottolinea Moore, autore dell'articolo, il finanziare "può dedurre fino al 20% le donazioni dal suo reddito imponibile per cinque anni".

I magnati liberal che inquinano di più

C'è poi un'ipocrisia di fondo dietro queste iniziative. Bezos dice di non voler stanziare questi fondi per combattere i cambiamenti climatici, ma dall'altra è uno dei miliardari che inquina di più in assoluto quando si sposta con i suoi jet privati. Come riporta il Corriere della Sera, infatti, il sito dell’emittente France Info ha stilato la classifica dei 10 jet più inquinanti nei primi 8 mesi del 2022. Al primo posto ci sono i due Gulfstream G650 di Bill Gates, aerei con un’autonomia di 13.900 km che possono ospitare fino a 18 persone: in meno di 8 mesi hanno prodotto 3.210 tonnellate di CO2. Alle spalle di Gates ci sono i jet del musicista J-Z (1.915 tonnellate di CO2), di Jeff Bezos (1.787 tonnellate), dell’influencer Kim Kardashian (1.700), del rapper Drake (1.379) e del fondatore di Tesla Elon Musk (1.223).

Come gli altri milionari (Gates, su tutti), prima di impegnarsi nella filantropia, anche Bezos dovrebbe adottare compartimenti virtuosi se vuole apparire un minimo credibile nella lotta ai cambiamenti climatici e nelle cause benefiche che intende sostenere.

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