A2A «paga» il pressing del Comune di Milano

A2A «paga» il pressing del Comune di Milano

Il via libera dell’Antitrust all’acquisto di Edipower da parte della cordata italiana di Delmi (guidata da A2A e Iren), giunto proprio ieri segna l’avvio della «fase 2» per l’utility che fa capo ai Comuni di Milano e di Brescia. Ora che sta per diventare il secondo produttore italiano di elettricità, A2A deve decidere cosa fare «da grande» camminando da sola.
Negli ultimi mesi non c’è stata materia che abbia riguardato la gestione di A2A che non sia stata oggetto delle esternazioni dell’assessore milanese al Bilancio, Bruno Tabacci. Di recente ha ribadito le proprie «critiche radicali sulla gestione dualistica» trascurando un piccolo dettaglio: i patti parasociali tra Milano e Brescia (entrambe al 27,5%) prevedono che il prossimo numero uno del Cdg tocchi alla Leonessa e il papabile è l’attuale presidente del Cds Graziano Tarantini. Il sindaco di Brescia, Adriano Paroli, non l’ha presa bene e diserta gli incontri col suo omologo Pisapia. Un accordo dovrà essere trovato entro venerdì, data ultima per il deposito delle liste per l’assemblea del 29 maggio.
L’assessore Tabacci non è nuovo a queste sortite. A marzo, prima del Cdg sul bilancio, aveva anticipato che non ci sarebbe stato «nessun dividendo». Circostanza smentita dai fatti: quest’anno Milano e Brescia riceveranno 11 milioni ciascuna. A questo si aggiungono le pesanti critiche di Tabacci alla controllata montenegrina Epcg, forte nell’idroelettrico, ma penalizzata da un contratto di acquisto di elettricità con la Serbia. Asset che diverrà una risorsa col cavo Italia-Montenegro di Terna.
La vera partita, però, riguarda la futura organizzazione di A2A. Brescia vorrebbe che si trasformasse in una holding quotata che gestisce due subholding (energia e ambiente), mentre Milano (e Tabacci in primis) spinge per la «super- Edipower», mossa che farebbe aumentare il debito di A2A di 1,1 miliardi portandolo oltre quota 5 miliardi. Una superutility, che aprirebbe le porte anche agli istituzionali come Cdp o F2i, è un’ipotesi già studiata da alcune merchant bank (tra cui Mediobanca e Leonardo & Co.) e avrebbe anche un risvolto politico: sarebbe propedeutica alla creazione di un conglomerato a trazione di centrosinistra (Iren, socia di A2A, opera in Comuni come Torino e Genova).

Il presidente di A2A, Giuseppe Sala, e il dg Renato Ravanelli si sono sempre difesi dalle entrate a gamba tesa e il primo ha ricordato che la «super-Edipower esiste già». Non sorprende che di fronte a tanta «passione politica» il mercato sia rimasto freddo su A2A che in un anno ha perso il 57% (il 35% negli ultimi due mesi) facendo peggio dei competitor.

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