Addio a Melazzini, galantuomo di Valtellina

Diceva: «Piccoli passi su basi solide, come i montanari». Delle «riserve di fieno in cascina» aveva fatto un credo, quasi un'ossessione. I bilanci della banca avevano sempre lo stile e la parsimonia del mondo genuino al quale apparteneva. Piero Melazzini, scomparso ieri a 85 anni, ha incarnato al meglio quel modello di banca popolare che oggi gli eventi hanno messo in crisi. La «sua» - perché di fatto lo era Banca Popolare di Sondrio ha avuto come obiettivo la crescita prudente e costante, fatta con metodo e onestà. Teorizzava: «Dobbiamo essere vicini alla gente»; e diceva: «Meglio poco a tanti che tanto a pochi». Melazzini ha sempre creduto nel rapporto «cliente-socio e socio-cliente» e infatti gli azionisti oggi sono 184 mila, esattamente il numero degli abitanti della Valtellina. Nessun sotterfugio in questo binomio perfetto: tant'è che la Sondrio è stata un'antesignana della Borsa, dove il prezzo delle azioni è fatto dal mercato e non dal consiglio di amministrazione.Melazzini era stato assunto come impiegato di prima categoria il primo maggio del 1951, e aveva scalato tutte le tappe di una carriera lunghissima e di grandi risultati; direttore generale nel '69, poi presidente dal '95 al '14, quando l'assemblea, con un'ovazione, lo aveva eletto presidente onorario: 63 anni di banca. Nel 1970, quando cominciò veramente a esercitare la sua influenza, le filiali erano 18, tutte in provincia di Sondrio: oggi sono all'incirca 400, in tutta Italia. E nel 1995 volle creare, con visione lungimirante, la Banca Popolare di Sondrio Suisse, con sede a Lugano. Piero Melazzini è stato un banchiere controcorrente, e il tempo gli ha dato ragione. Nel senso che quando tutti i gruppi, grandi e meno grandi, intrapresero la via delle acquisizioni, egli restò fedele alla sua filosofia di crescita in autonomia, solo per linee interne. Dieci, quindici nuovi sportelli all'anno, con regolarità, e l'assunzione di tanti giovani, nei quali credeva molto a condizione che avessero «una gran voglia di lavorare». Uomo tenace, determinato fino alla durezza, godeva di una stima indiscussa a tutti i livelli. L'essere democristiano gli creò le sponde giuste, ma fu un maestro di relazioni, che alimentò anche chiamando a Sondrio ospiti illustri per incontri e conferenze: Michael Gorbaciov, Rita Levi Montalcini, Alberto Sordi, il cardinale Gianfranco Ravasi, Gianni Agnelli. Volava sempre alto, mescolando politica, cultura, economia, religione. Da uomo di fiuto qual era, non esitò a invitare anche Carlo De Benedetti, quando le cronache riferivano degli stretti rapporti che la Sondrio intratteneva con Silvio Berlusconi.

Con Indro Montanelli, Gian Galeazzo Biazzi Vergani e Mario Cervi, fondatori del Giornale, ebbe un profondo legame di amicizia, e per il neonato quotidiano, nel quale ideologicamente si rispecchiava, Melazzini si spese in prima persona, portando aiuti concreti dei quali, come per ogni azienda al debutto, c'era grande necessità.

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