Economia

Alibaba fa il pieno, ma crolla in Borsa

Pesa la stretta di Pechino sull'ecommerce, non bastano i ricavi record del singleday

Jack Ma fotografato durante una videoconferenza a Hong Kong
Jack Ma fotografato durante una videoconferenza a Hong Kong

A prima vista sembra un controsenso, un cortocircuito borsistico provocato da qualche algoritmo impazzito. Capita, cioè, che Alibaba faccia il pieno di vendite nella sua «Festa dei single», in un tripudio di acquisti dei «non accompagnati» che ha fatto tintinnare per l'intera giornata le casse del colosso di Jack Ma. Fino allo score finale: 16 milioni di prodotti venduti dall'alba al tramonto per un incasso stratosferico, qualcosa come 70 miliardi di dollari. Roba da correre a far incetta di titoli. E invece, senza nessun tributo al dio dello shopping, dalla Borsa di Hong Kong è arrivato ieri il verdetto, una vera doccia gelata: i titoli della concorrente di Amazon hanno preso un'imbarcata del 10%.

Per capire cosa è successo è sufficiente osservare la stessa china discendente presa da altre big cinesi. Come Tencent, scesa di oltre il 7%, oppure JD.Com (-9,2%). In sole due sedute gli alfieri della new technology orientale hanno visto bruciare 250 miliardi di capitalizzazione. Un terremoto. Il cui epicentro è il giro di vite dato la scorsa settimana dal governo di Pechino a chi, oltre a svolgere la tradizionale attività commerciale, ha messo anche il naso nel settore bancario, un autentico feudo del potere pubblico. E, quindi, del partito comunista. Martedì scorso, i controllori del mercato hanno mascherato da bozza che regola la concorrenza, misure che di fatto limiteranno i metodi di pagamento e i prestiti delle piattaforme online, mettendole sullo stesso piano del sistema bancario tradizionale. Costringendole tra l'altro ad avere un capitale registrato superiore ai 700 milioni di dollari e a coprire almeno il 30% delle somme erogate con i propri bilanci. Questa strizzata normativa è la vera causa - non il mancato rispetto di obblighi informativi sbandierato dalla Consob cinese - del blocco subìto qualche giorno dalla maxi-Ipo di Ant Group (valeva 37 miliardi di dollari), una controllata di Alibaba specializzata appunto nei pagamenti elettronici.

Se le accuse mosse da Jack Ma contro un sistema del credito con «una mentalità da banco dei pegni» possono aver in qualche modo pesato sulla stretta, questo è un segnale chiaro di come le autorità del Dragone non intendano permettere all'iniziativa privata di interrompere quel legame saldissimo in base al quale le famiglie hanno finora lasciato i propri risparmi depositati in banca, malgrado tassi inferiori rispetto a quelli di mercato. Un meccanismo grazie al quale è stato possibile veicolare l'enorme liquidità verso le aziende a controllo pubblico.

Ma la volontà di colpire il modello di business imposto dai colossi tech è palese anche nelle nuove regole tese a vietare la concorrenza sleale attraverso la condivisione di dati sensibili dei consumatori e di stringere alleanze per mettere fuori gioco i competitor, nonché di impedire che il trattamento dei clienti sia calibrato sulle loro abitudini di spesa.

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