Si intuiscono i primi spiragli di un realistico interesse di Etihad a fare ingresso nel capitale dell'Alitalia. La notizia, anticipata dal Giornale, rimbalza attraverso la stampa francese, ma da tempo in Italia il nome della compagnia di Abu Dhabi viene indicato come possibile investitore. Les Echos, citando fonti confidenziali, dice che la compagnia «sarebbe pronta ad acquistare le quote di alcuni azionisti minoritari di Alitalia desiderosi di disimpegnarsi». Finora Etihad aveva sempre smentito: ieri non lo ha fatto con la nettezza del passato: «La nostra politica - ha detto un portavoce - è di non commentare le indiscrezioni». Ma ha aggiunto che «Etihad continua a esaminare le opportunità di investimento in altre compagnie aeree come un'importante evoluzione della propria strategia di partnership». E infatti già possiede, in Europa, il 29% della tedesca Air Berlin, il 3% dell'irlandese Aer Lingus e, fuori Europa, il 40% di Air Seychelles e il 10% di Virgin Australia. Sta inoltre trattando l'acquisto del 24% nell'indiana Jet Airways.
Nel caso di Alitalia, l'ingresso di Etihad sarebbe visto con favore in funzione di un aumento di capitale dedicato, che, al contrario del rastrellamento di quote, porterebbe denaro fresco nelle casse della società. Secondo gli attuali azionisti, Alitalia potrebbe essere valutata circa 2 miliardi, considerando le potenzialità contenute nel piano industriale e il suo ruolo strategico in Europa. Stima generosa, ovviamente, perché gli indicatori economici per ora sono ancora negativi; ma per una compagnia ricca come Etihad, le scelte risiedono nella bontà dell'operazione, non nel prezzo. Etihad potrebbe rilevare una quota fino al 24%, per lasciare il 51% in mani italiane. Se qualche piccolo socio volesse a tutti i costi abbandonare, potrebbe essere Intesa Sanpaolo a venirgli incontro, come ha già fatto rilevando nel 2011 l'1,3% di Fingen (famiglia Fratini).
Con Alitalia e Air France (primo azionista di Alitalia con il 25%) Etihad ha in corso importanti rapporti commerciali, dei quali tutti i partner si dicono soddisfatti. Ma già sei mesi fa, tra giugno e luglio 2012, la stampa francese si era lanciata a prevedere l'ingresso di Etihad addirittura nella holding Air France-Klm, coinvolgendo Air Berlin e - udite udite - anche Alitalia. Gli affari spesso maturano lentamente, poi si concretizzano all'improvviso. Un gruppo così allargato sarebbe basato su quattro hub (Parigi, Amsterdam, Fiumicino, Abu Dhabi) che coprirebbero efficacemente tutte le rotte verso Occidente e verso Oriente e Australia, e che sarebbero alimentati da una laboriosa attività di voli di medio e breve raggio.
Il destino di Alitalia resta comunque francese, o franco-arabo. Il mondo del trasporto aereo da anni si sta consolidando e solo i gruppi di grandi dimensioni possono avvalersi di forti economie di scala. Lo stesso Andrea Ragnetti, ad di Alitalia, di recente ha ammesso che delle 100 compagnie aeree oggi esistenti in Europa tra 10 anni ne resteranno al massimo 15. Il settore si misura con una crisi senza precedenti: Air France ha in corso 5.122 licenziamenti, Lufthansa sette mesi fa ne ha annunciati 3.
500 per risparmiare 1,5 miliardi, il matrimonio British-Iberia è già in crisi perché gli inglesi stanno prosciugando i partner spagnoli. C'è da chiedersi cosa sarebbe stato di Alitalia se fosse stata acquistata da Air France cinque anni fa. Oggi invece è una compagnia radicalmente ristrutturata che si misura con la crisi del settore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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