L'ingresso di Etihad - che ieri ha confermato di essere in trattative con l'ex compagnia di bandiera - nel capitale di Alitalia avverrà entro primavera. La forza del progetto è industriale e permette di guardare, per il futuro, a un'Alitalia sempre di bandiera italiana ma irrobustita e capace di svolgere bene il proprio compito, che è innanzitutto quello di servire il mercato italiano, 150 milioni di passeggeri all'anno. Il progetto di Etihad è di doppio hub, Abu Dhai per l'Est del mondo, Roma per l'Ovest. Alitalia sarà messa nelle condizioni di concentrarsi sul lungo raggio, più redditizio, ridimensionando quel segmento nazionale ed europeo nel quale è difficile competere con le low cost. Da Fiumicino si serviranno Nord e Sud America; il contrario di ciò che avrebbe voluto Air France, il cui intento era quello di alimentare il Charles de Gaulle. Saranno messi al servizio di Alitalia un consistente numero di aerei, che a Etihad non mancano: gli ultimi contratti firmati il mese scorso al Salone di Dubai riguardano 199 tra Airbus e Boeing, per un valore di 67 miliardi di dollari. Insomma, per la nostra compagnia sarà un cambio epocale.
Etihad è in grado di fare tutto ciò grazie a una liquidità portentosa e a una chiarezza di idee che viene da un management capace, prevalentemente di provenienza inglese e statunitense, guidato dall'amministratore delegato James Hogan. Lo stesso management che ha gestito l'operazione Air Berlin, la seconda compagnia tedesca (33 milioni di passeggeri, 9 più di Alitalia): Etihad è entrata alle fine del 2011 con il 30 per cento e in un solo esercizio, grazie a un piano serio ed energico, ha ribaltato i conti, passando dai 420 milioni i perdita del 2011 a un utile di 6,8 dopo 12 mesi.
E' quello che ci si aspetta in Alitalia. Se - come si dice - Etihad verserà 300 milioni, diventerà il primo azionista, con una quota intorno al 40 per cento. E vorrà comandare, mettendo alla guida uomini di fiducia e dando alla compagnia obbiettivi precisi.
Non si sa se i soci arabi verseranno capitali freschi o se rileveranno quote da banche e Poste (ieri l'ok di queste ultime all'aumento di capitale per 75 milioni). Non si sa nemmeno se Etihad otterrà una ristrutturazione del debito, che finora era parsa un ostacolo. Ma essendo il suo ingresso frutto di precise strategie industriali, la compagnia araba si può comunque permettere di fare piani di lungo periodo. E Air France? Sembra essersi cacciata in un angolo da sola, perché non sottoscrivendo l'aumento ha perso il diritto di veto.
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