All'Alitalia servono capitani generosi

Per restituire il prestito allo Stato la vendita deve far incassare almeno 900 milioni

All'Alitalia servono capitani generosi

Il decreto fiscale approvato venerdì ha rafforzato Alitalia e i suoi commissari che ora hanno a disposizione un prestito ponte salito a 900 milioni, da restituire entro settembre 2018. Più soldi per non indebolire la compagnia che si avvia ad affrontare le perdite dell'inverno, tipiche della stagionalità del trasporto aereo; i commissari Gubitosi, Laghi e Paleari avranno poi a disposizione più tempo per trattare, poiché la scadenza delle negoziazioni, per migliorarne le condizioni di vendita, passa dal 5 novembre (data apparsa da subito ottimistica) al 30 aprile. Ieri Susanna Camusso, segretario generale della Cigl, ha giudicato «necessario» l'allungamento del prestito, e si è detta fortemente contraria allo «spezzatino», cioè allo smembramento della compagna in asset minori. Concetto ribadito anche dalla leader della Cisl, Annamaria Furlan.

Le parole «prestito ponte» suonano sempre un po'sinistre alle orecchie del contribuente, perché trattandosi di soldi d'emergenza, l'impressione è che possano rientrare con difficoltà nel portafogli del creditore. Alitalia ha purtroppo un brutto precedente: il prestito ponte di 300 milioni erogato alla fine dell'aprile 2007, in piena staffetta a Palazzo Chigi tra Prodi e Berlusconi, deliberato per mantenere la continuità aziendale e quella territoriale. Nel 2012, con i tempi della burocrazia europea, quel prestito fu giudicato illegittimo perchè aiuto di Stato. Nel frattempo la compagnia era già stata rilevata dai «Capitani coraggiosi» guidati da Roberto Colaninno, «ma il prestito rimasto in capo alla bad company, cioè alla società in liquidazione, non fu mai restituito» ricorda oggi Andrea Giuricin, professore di economia dei Trasporti a Milano Bicocca «perchè il denaro sborsato dai nuovi soci e qualche mese dopo da Air France che rilevò una quota di minoranza, fu versato direttamente nella new company per capitalizzarla e consentirle di operare. Circa 1,1 miliardi in tutto, ma che non servirono a rimborsare lo Stato». In altre parole, quei 300 milioni restarono a carico dei contribuenti.

Oggi è diverso, o almeno questo è l'auspicio. Innanzitutto la Ue ha autorizzato il prestito (prima di 600 milioni, salito ora a 900) in quanto il tasso di mercato (il 9,75%) ha escluso che si tratti di aiuto di Stato. Quel denaro serve a dotare la compagnia di risorse tali che le permettano di non presentarsi a una trattativa come contraente troppo debole. Ma tutti si chiedono: saranno restituiti? La risposta ufficiale è sì, perché sarà la prima voce di uscita dopo la vendita (prededuzione). Ovvero, con i soldi incassati dall'acquirente sarà subito pagato questo specialissimo debito. Ma a una condizione: la vendita deve valere almeno 900 milioni, altrimenti l'incasso non basterà. Alitalia vale almeno 900 milioni? Tutti lo auspicano, ovviamente, ma la certezza si avrà alla fine della trattativa.

Intanto domani alle 18 il notaio Atlante di Roma aprirà le buste con le offerte vincolanti. Ci si aspetta l'arrivo di più di una proposta, a cominciare da quella di Lufthansa. Accorpamenti di candidati saranno possibili in itinere. Difficile che arrivino proposte per l'intero gruppo così com'è. La gara prevede anche offerte separate per la parte volo e per la parte servizi di terra.

Ciascun candidato dovrà indicare il perimetro a cui è interessato (qui i timori di spezzatino) indicando anche i sacrifici di posti di lavoro (ecco spiegata l'espressione «nuova Alitalia» pronunciata dal numero uno di Lufthansa, Carten Spohr). L'allungamento di quasi sei mesi del periodo di trattativa servirà proprio a negoziare su queste cose.

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