Le innovazioni tecnologiche stanno rivoluzionando il nostro modo di vivere, di lavorare, di muoverci e di fare acquisti. Con implicazioni significative anche nelle materie prime utilizzate per la produzione. Non stupisce che alcuni dei metalli industriali considerati storicamente «poveri» come il rame, il nickel e l'alluminio, si stiano rivalutando. Quest'ultimo, in particolare è sempre più sotto i riflettori, perché considerato una scelta vincenti per combattere le sfide del cambiamento climatico, in particolare per quanto riguarda le autovetture dai consumi energetici ridotti e più leggere.
È vero che l'alluminio è senza dubbio più costoso rispetto all'acciaio a elevata e super-elevata resistenza, ma è altrettanto vero che se si tiene conto del potenziale di riduzione del peso dell'auto, tale divario si riduce significativamente. L'alluminio è peraltro una soluzione economicamente più conveniente soprattutto rispetto ad altri materiali come il magnesio e la fibra di carbonio, ancora troppo costosi per consentirne lo sfruttamento su larga scala. Inoltre può essere riciclato senza perdere le sue qualità con un quantitativo energetico inferiore al 95% rispetto al processo di produzione e di riciclaggio. Per chi volesse investire nell'alluminio, le previsioni per il 2020 sono in genere positive. La media dei 28 analisti censiti da Investing.com indica in 1.963 dollari la tonnellata il prezzo dell'alluminio nei prossimi 12 mesi con punte fino a 2.180 dollari, quindi con remento atteso che potrebbe oscillare tra l'8% medio e un picco del 20 per cento. Mentre in caso di scenario avverso le quotazioni non dovrebbero scendere sotto 1.820 dollari, ovvero quanto quota attualmente su mercato.
Un altro metallo che potrebbe veder crescere la domanda sulla scia del boom delle auto di nuova generazione è il rame, grazie alla sua elevata capacità di conduzione elettrica che lo rende strategico per la rivoluzione verde dei trasporti: un veicolo elettrico, secondo l'International Copper Association (Ica), può richiedere l'utilizzo di fino a sei chilometri di cablaggio in rame. La domanda di rame quindi aumenterà? «Secondo quanto previsto da alcuni esperti, tra dieci anni i veicoli elettrici potrebbero rappresentare fino al 6% della domanda di rame, rispetto alla percentuale inferiore all'1% di oggi», spiegano gli analisti di Candriam, secondo i quali, pur non rappresentando un elemento di rivoluzione tecnologica, il rame promuove così la transizione energetica e l'elettrificazione dei trasporti in virtù delle sue doti di superconduttività. Ma a più breve termine la domanda di rame resta legata al commercio mondiale: se, come sembra, ci sarà una riduzione delle tensioni sui dazi tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping allora il prezzo potrebbe salire fino al 5-10%, altrimenti resterà stazionario sugli attuali valori.
Per quanto riguarda il nickel, dopo aver toccato un massimo in settembre sulla scia della riduzione della produzione in Indonesia (primo produttore al mondo), ha registrato una correzione ma resta su quotazioni molto più elevate rispetto a quelle di inizio anno. Come per lo zinco, anche per il nickel le previsioni 2020 dipendono da ciò che accade sul fronte della guerra commerciale e il suo impatto sull'economia globale.
Il trend positivo sui metalli industriali non offusca però necessariamente l'oro, che continuerà a essere uno dei beni rifugio preferiti dagli investitori. Con la politica monetaria delle banche centrali che probabilmente rimarrà accomodante anche il prossimo anno - in primis quella Bce, dove la presidente Christine Lagarde ha più volte ripetuto che si muoverà nel solco tracciato da Mario Draghi - l'oro eserciterà sempre il ruolo di stabilizzatore nei portafogli in previsione delle fasi di turbolenza dei mercati. Le stime indicano quotazioni intorno ai 1.500 dollari l'oncia in linea con quelle attuali. Ma non manca chi, come gli esperti di Investinghaven.
com che prevedono che il prezzo del metallo giallo possa salire a 1.750 dollari nel 2020 e a 1925 dollari nel 2021. Il prerequisito è che il dollaro non sia troppo rialzista e che i tassi dei titoli del Tesoro Usa a 20 anni mostrino una tendenza discendente.
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