Economia

Altro rinvio per Ilva. E arriva l'ultimatum

Slitta incontro tra commissari e Mittal. Il sindaco: «Risposte entro 30 giorni o si chiude»

Altro rinvio per Ilva. E arriva l'ultimatum

Firma si, firma no. Nuovo giallo sul dossier Ilva. Per tutta la giornata di ieri si sono rincorse voci di un'imminente accordo tra le parti, con il piano definitivo dato per fatto da diverse fonti legali che accreditavano la firma finale a oggi. Ma a stretto giro è arrivato uno strano chiarimento da Roma: «Non è prevista alcuna firma questa settimana sull'ex Ilva tra ArcelorMittal e i commissari dello stabilimento tarantino», spiegano fonti del ministero del ministero dello Sviluppo economico. Vero o verosimile, il quadro che emerge ancora una volta sulla vicenda è confuso. Ufficialmente, la ragione dell'ennesimo slittamento sarebbe tecnica e relativa alla mancata acquisizione delle firme dei ministri interessati.

Una motivazione alquanto debole che lascia ancora in sospeso la modifica del contratto di affitto e acquisizione per rinnovare il polo siderurgico e la cancellazione della causa civile avviata a Milano. Così come restano nel limbo i lavoratori. I sindacati continuano, infatti, a rimanere esclusi dalla trattativa. E la questione occupazione è ormai certo che non sarà nel perimetro dell'accordo. Il capitolo occupazionale dovrebbe essere definito più avanti nella consapevolezza che nel periodo di transizione, dal vecchio al nuovo polo siderurgico, probabilmente sarà necessario ricorrere ad una cassa integrazione temporanea in attesa di sapere, quando lo stabilimento lavorerà a pieno regime (si prevede che all'inizio del 2023 siano in funzione Afo4, Afo5, il preridotto a gas e il forno elettrico), quale sarà l'effettiva forza lavoro da impiegare. La formalizzazione dell'intesa, dunque, salvo ulteriori rinvii, dovrebbe arrivare settimana prossima e comunque entro il 6 marzo, data della prossima udienza.

Dopo la firma delle intese, partiranno quelle che sono state definite le "iniziative formali", tra cui il deposito al giudice civile Claudio Marangoni delle "iniziative di rinuncia" delle due parti: da un lato Mittal ritirerà l'atto di citazione con cui aveva annunciato il recesso dal contratto lo scorso novembre, e dall'altro, i commissari dell'ex Ilva ritireranno il ricorso cautelare d'urgenza col quale avevano contrastato l'addio del gruppo franco indiano. Tra gli altri punti presenti nell'accordo ci sono un aumento del capitale, che verrà sottoscritto da Palazzo Chigi alla fine di novembre e il rinnovo totale dell'Altoforno5 e con la realizzazione del forno elettrico in linea con il piano industriale green.

In questo scenario più o meno definito non mancano però i problemi. Da Taranto è arrivata una dura presa di posizione del sindaco Rinaldo Melucci che ha firmato un'ordinanza con la quale intima ad ArcelorMittal e ad Ilva in amministrazione straordinaria di individuare gli impianti interessati dai «fenomeni emissivi» dannosi per la salute, che si continuano a registrare, e di eliminare «gli eventuali elementi di criticità e le relative anomalie entro 30 giorni».

In caso contrario si chiede la loro fermata.

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