"Valuteremo in sede di legge di Stabilità l'ipotesi di anticipare al 2017 un taglio strutturale del cuneo in modo da rendere meno costoso il lavoro a tempo indeterminato". Ad annunciarlo nei giorni scorsi è stato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a margine di un'iniziativa nell'ambito di Garanzia Giovani. In realtà il governo non fa che annunciare tagli al cuneo fiscale da quando si è insediato. Di tanto in tanto Matteo Renzi lo promette, ma i buoni propositi vengono puntualmente disattesi. Tanto che il cuneo fiscale sui lavoratori dipendenti continua crescere inesorabilemente. "Negli ultimi cinque anni - si legge in un report dell'Ocse - è aumentato di 1,8 punti percentuali, passando dal 47,2% del 2010 al 49% dello scorso anno".
L'Unione europea continua a ripetercelo. Ma il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan sembra far finta di niente. Anzi. La scorsa settimana ha addirittura fatto diramare un nota dal dicastero di via XX Settembre in cui attribuiva al governo Renzi "numerose misure di alleggerimento della pressione fiscale sui fattori produttivi: l'abolizione del costo del lavoro dalla base imponibile dell'Irap a partire dal 2015, il super-ammortamento sugli investimenti in beni materiali strumentali dal 2016, la riduzione dell'aliquota Ires a partire dal 2017, nonché l'erogazione del bonus 80 euro a partire dal 2014". Il tutto, spiegava ancora il Mef, "con effetti rilevanti nella riduzione del cuneo fiscale". Le parole del ministrero si schiantano, però, contro la realtà. Rispetto alla media dei paesi Ocse, che si ferma al 35,9%, il Fisco italiano è arrivato ad essere del 13,1% più pesante. Negli anni la forbice si è andata allargando di un punto percentuale: nel 2010 era, infatti, del 12,1%. I dati contenuti nelle ultime tabelle pubblicate dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ed elaborati dall'Adnkronos, mostrano che negli ultimi cinque anni il Belpaese ha conservato il quinto posto su una classifica di 34 paesi.
A peggiorare la situazione c'è la differenza di salario, che in Italia risulta inferiore di 3.074 dollari rispetto alla media dei paesi Ocse: 27.808 dollari contro 30.882 dollari. E guardando indietro di cinque anni si scopre che i lavoratori italiani hanno perso costantemente terreno, rispetto all'andamento generale. Basta pensare che il reddito percepito nel paese è aumentato di 2.536 dollari lordi, contro i 3.762 dollari della media Ocse. Anche il confronto con le nazioni che superano l'Italia, in fatto di tassazione sul lavoro, una volta visti i salari in termini assoluti mostrano una realtà in cui i dipendenti dello stivale percepiscono quasi sempre meno. Infatti il Belgio, dove la tassazione arriva al 55,3%, il reddito netto arriva a 33.132 dollari.
In Austria, dove il cuneo fiscale tocca il 49,5%, il reddito è pari a 34.869 dollari. Mentre in Germania, dove il prelievo è del 49,4%, il salario è di 36.194 dollari. Unica eccezione è l'Ungheria, dove viene applicata una tassazione del 49% che lascia nella busta paga solo 15.922 dollari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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