Apple batte l'Ue sul fisco irlandese

Annullati i 13 miliardi di tasse arretrate. Gentiloni attacca: "Stop agli squilibri"

Apple batte l'Ue sul fisco irlandese

In Europa le ricche multinazionali non piangono. Apple infatti si è vista annullare 13 miliardi di euro di tasse arretrate all'Irlanda, che Bruxelles le aveva affibbiato. Il Tribunale dell'Unione Europea ha annullato il provvedimento della Commissione sostenendo che l'Irlanda, attraverso un sistema di tasse più favorevole, non ha comunque fornito aiuti di Stato al colosso della tecnologia. Contento il governo irlandese che ha trasformato il Paese in eldorado fiscale per i colossi hi-tech Usa, applicando tasse basse (1%) in cambio, ovviamente, della creazione di infrastrutture logistiche e produttive e di posti di lavoro.

Bruxelles però promette battaglia. «Studieremo attentamente la sentenza e rifletteremo sui possibili passaggi - ha detto la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager - nel 2011 la filiale irlandese di Apple ha registrato utili europei per 22 miliardi di dollari ma ai sensi della normativa fiscale» di Dublino «solo 50 milioni sono stati considerati imponibili». Sulla vicenda è intervenuto il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni che, in coppia con il collega vicepresidente esecutivo della Commissione Valdis Dombrovskis, sta studiando nuove regole. Sotto tiro ci sono alcuni Paesi considerati paradisi fiscali Ue come Olanda, Irlanda, Lussemburgo e Cipro. La Commissione intende agire per gradi. Prima di tutto attraverso un piano d'azione «per una tassazione equa e semplice che sostenga la ripresa», che contiene 25 iniziative da attuare entro il 2024.

Tra queste: ridurre gli ostacoli amministrativi per le imprese, attraverso una «semplificazione fiscale» che vada anche verso un sistema europeo dell'Iva, aiutare le autorità a condividere dati in modo efficiente per combattere frode ed evasione, rivedere la direttiva sulla cooperazione amministrativa per estendere le regole sulla trasparenza anche alle piattaforme digitali. Il tema fiscale si intreccia anche al negoziato per la risposta anticrisi europea: tutti i Paesi dovranno rispettare le raccomandazioni Ue di politica economica (con gli impegni di riforma) per accedere agli aiuti: vale per l'Italia ma anche per gli altri.

La questione del «fisco equo nazionale» è dunque destinata a diventare la cartina di tornasole della capacità della Ue di applicare i suoi principi a 360 gradi. Dato che, se gli Stati membri concedono a determinate società multinazionali vantaggi fiscali non disponibili per i concorrenti, si pregiudicano i principi stessi della Ue. «State sicuri che una singola sentenza non scoraggerà il nostro impegno - ha detto Gentiloni - non si possono avere tassazioni diverse in Europa. Inoltre vogliamo trovare una soluzione anche con gli Usa entro l'anno. Se non sarà possibile avanzeremo una risposta europea».

In realtà i 13 miliardi di tasse per la Apple di Steve Cook, visti i 260 miliardi di dollari di fatturato, con 55 miliardi di utili e liquidità per 300 miliardi, sarebbero stati ben poca cosa. Ma Cupertino ha ugualmente puntato i piedi e ringraziato, con un comunicato, il tribunale Ue.

«La questione non era quante tasse paghiamo, ma dove siamo tenuti a pagarle» - ha detto un portavoce Apple, aggiungendo che la Mela è il maggior contribuente del Pianeta e che in 10 anni ha pagato oltre 100 miliardi di dollari di tasse in tutto il mondo. Non molto, forse, per un colosso che vale in Borsa oltre 1.500 miliardi di dollari.

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