Gli arabi che si comprano l'Italia

Liquidi come il petrolio che estraggono e determinati a sfruttare «le svendite» con cui l'Euro zona cerca di fare cassa dopo la crisi, i Paesi arabi stanno aumentando di peso anche in Piazza Affari. Mentre la partita Etihad-Alitalia sembra ormai volgere alla conclusione, le utime voci vogliono infatti i fondi sovrani del Qatar pronti a sfruttare l'aumento di capitale da tre miliardi del Monte Paschi per diventarne il primo socio, con una partecipazione compresa tra il 15 e il 25%.
È comunque da tempo che i signori del petrolio possiedono un po' di tutto sulla Penisola: dalle banche alle telecomunicazioni, dagli immobili alla difesa o allo sport, fino alla moda. Forse il settore che più rappresenta il made in Italy nel mondo.
Possiamo inziare il viaggio dei «petrodollari» da Unicredit, che da qualche anno ha peraltro visto il fronte dei soci stranieri sopravanzare il peso delle storiche Fondazioni italiane: Abu Dhabi possiede, tramite il fondo Aabar , il 5% di Piazza Cordusio e la Banca Centrale Libica il 2,9%; alle quotazioni attuali i pacchetti valgono rispettivamente 1,67 e 0,95 miliardi. Non certo briciole. Stando a quanto si vocifera in alcune Sim, potrebbe poi affacciarsi in Unicredit anche il Qatar, nel cui radar rientrebbero in alternativa Carige o il Banco Popolare, entrambe costrette a ricapitalizzare in vista degli stress test.
Sempre lo Stato guidato dall'emiro Tamin bin Hamad Al-Thani, al comando di un impero che spazia dai legami con la Volkswagen a quelli con Walt Disney, ha già «diversificato» sulla moda italiana, rilevando nel luglio 2012 Valentino Fashion Group per 700 milioni. Il prossimo «capriccio» di Al-Thani, già schierato nel calcio col Paris Saint Germain, potrebbe ora essere la squadra del Cagliari. L'emiro possiede poi l'hotel Gallia di Milano ed è tra i grandi proprietari della Costa Smeralda. Sempre alla Sardegna è associato il nome dell'Aga Khan, che ha invece salvato e rilanciato Meridiana Fly.
Restando nel comparto aereo si attende appunto la consegna di Alitalia ad Etihad: la compagnia degli Emirati Arabi dovrebbe sborsare 300 milioni per il 49% del gruppo italiano e quindi porre fine alla stagione di Roberto Colaninno.
Anche la Libia, che negli anni '70 con Gheddafi aveva ottenuto dagli Agnelli il biglietto di ingresso nella Fiat, ha altri interessi in Piazza Affari. Come Finmeccanica (di cui possiede il 2%, questa volta tramite il fondo Lia, Libian Investment Authority) o la società di telecomunicazioni Retelit (14,7%, tramite la sua società di tlc).
Il «carello della spesa» italiana dei fondi sovrani mediorientali promette peraltro di ampliarsi ancora parecchio con la stagione delle grandi privatizzazioni previste dal governo di Enrico Letta.

Senza contare il miliardo di euro, già stanziato sempre dal Qatar, per scommettere sulle icone del Made in Italy insieme al Fondo strategico italiano. E i 500 milioni appena «strappati» al Kuwait sempre in simbiosi con Fsi.

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