«Sono necessari ulteriori sforzi e più tempo per colmare le distanze». Ormai siano al copia-incolla nei comunicati finali dell'Eurogruppo sul dossier Grecia. Nulla di nuovo, come d'abitudine, anche dal vertice consumato ieri a Bruxelles in poco più di tre ore. La vera novità è la restituzione da parte del governo Tsipras, con un giorno d'anticipo, del prestito da 750 milioni di euro al Fondo monetario internazionale. Un altro scoglio superato nonostante i timori legati alle casse greche sempre più vuote.
Certo meno burrascosa rispetto a quella di aprile, quando il ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis, era stato messo alla gogna dai colleghi, la riunione dei ministri finanziari è stata ancora una volta inconcludente. Inutile enfatizzare più di tanto l'altra parte del comunicato in cui si sottolineano «i progressi compiuti finora»: serve a tenere buoni i mercati, ieri piuttosto incolori (+0,04% Milano) con la sola l'eccezione di Atene (-2,51%), ma soprattutto a fornire un pretesto (i progressi, appunto) alla Bce affinchè non faccia mancare il suo sostegno straordinario alle banche elleniche, a corto di liquidità. Se questa settimana l'istituto guidato da Mario Draghi decidesse di staccare la spina dei fondi Ela (finora erogati quasi 80 miliardi di euro), il sistema bancario greco arriverebbe al capolinea. Un disastro che trascinerebbe la Grecia fuori dall'euro. Non accadrà, anche se è sempre più scarso il tempo a disposizione per sottoscrivere l'accordo che subordina la concessione di un prestito da 7,2 miliardi alla realizzazione di alcune riforme-chiave, in particolare quella su pensioni e mercato del lavoro. Si tratta delle «linee rosse» che Tsipras non intende superare, il punto che ha finora impedito di raggiungere almeno una soluzione di compromesso. Un cul de sac da cui è difficile uscire: nel comunicato, l'Eurogruppo ha infatti ribadito che serve un accordo sulla review per possibili esborsi di aiuti.
Il leader di Syriza ha ipotizzato il ricorso a un referendum cui sottoporre gli eventuali contenuti dell'accordo, un'idea che ha trovato d'accordo il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble («Forse può essere una misura giusta permettere alla popolazione greca se è pronta ad accettare le misure necessarie). Che, evidentemente, deve aver cambiato idea rispetto al 2011, quando Angela Merkel e Nicolas Sarkozy impedirono all'allora premier Papandreu di organizzare una consultazione popolare sulla permanenza della Grecia nell'eurozona.
Ma nessuno crede veramente a questa possibilità: non c'è il tempo materiale per indire un referendum (a fine giugno scade la proroga sul programma di aiuti), e la sola prospettiva indurrebbe i greci che ancora non l'hanno fatto a ritirare i risparmi dalle banche.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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