In Europa le vendite di auto continuano a soffrire. Anche febbraio si è chiuso in «rosso»: -0,9%, un po' meglio rispetto al -4,6% d'inizio anno, per un bimestre comunque negativo (-2,9%) se confrontato con il 2018. Brexit «no deal», minaccia dazi, frenata dell'economia cinese, elezioni europee, stretta sulle emissioni e guerra al diesel sono le ragioni del momento difficile e di grande incertezza. Tra i cinque Paesi più importanti, a segnare il passo sono Spagna (-8,8%) e Italia (-2,4%) il mese scorso. Crescono, invece, Germania, Francia e Regno Unto.
Preoccupa l'Italia: oltre alle vendite in calo (-4,9 nel bimestre), a essere negativi sono anche il fatturato dell'industria di veicoli che in gennaio, come segnala l'Istat, registra un calo tendenziale del 21,5%, il più ampio da quasi 10 anni, con la produzione domestica di vetture sotto del 25%. E male vanno anche gli ordinativi: -21,7 per cento.
A tutto questo, andrà messo in conto l'impatto sulle immatricolazioni derivato dall'ecotassa sui veicoli che emettono oltre 160 grammi/km del gas climalterante CO2, norma entrata in vigore l'1 marzo. I primi riscontri significativi si avranno intorno a metà anno.
Spagna e Italia si distinguono anche per le perdite più pesanti nel mercato delle auto diesel: -29% per Madrid e -21% il nostro Paese, dati in controtendenza con la Germania, che sembra aver riscoperto il lato positivo di queste motorizzazioni: +2,1% in gennaio e +3,2% a febbraio.
Tra i big, a sorridere sono Daimler (+4,7%) e Groupe Psa (+0,8%); segno negativo, invece, per Fca (-5,2% in febbraio) alle prese con l'adattamento delle fabbriche per produrre i nuovi motori elettrificati e i futuri modelli, Nissan (-24,3%), Ford (-5,4%), Bmw Group (-3,5%) e Volkswagen Group (-0,5%). In Fca, corre in Europa, Jeep (+35,5%), mentre Lancia (38,4%) ringrazia l'Italia. Male Alfa Romeo (-41,4%) che ha più che mai bisogno di novità, dopo l'anteprima del concept Tonale vista al Salone di Ginevra. Nel bimestre il Lingotto registra una quota mercato del 6,4% (-0,5%) e -10% le immatricolazioni.
Herbert Diess, il numero di Volkswagen Group, vede intanto rovinata la festa (12,15 miliardi di utile nel 2018, cioè +6%; i nuovi investimenti sulla mobilità elettrica) ancora una volta a causa del dieselgate. La grana arriva dagli Usa, dove tutto è nato. La Sec ha fatto causa a Wolfsburg e al suo ex ad Martin Winterkorn, con l'accusa di frode nel collocamento di miliardi di bond agli investitori. Nel mirino ci sono i 13 miliardi di obbligazioni emessi tra l'aprile 2014 e il maggio 2015, in un momento in cui non si conoscevano ancora le pratiche di Volkswagen per falsificare le emissioni.
L'accusa: «Vw ha nascosto per un decennio le emissioni inquinanti, mentre andava avanti nella vendita di miliardi di dollari di obbligazioni a prezzi gonfiati». Il gruppo ha risposto di voler contestare «con vigore» queste accuse.
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