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Bagnai: "Ecco perché il Mes senza condizioni non esiste"

Il presidente della Commissione Finanze al Senato smonta le "ricette" di alcuni economisti (Cottarelli su tutti) che vedono nel Fondo Salva Stati un "affare" per l'Italia. E ci spiega come stanno davvero le cose

Bagnai: "Ecco perché il Mes senza condizioni non esiste"

“Un Mes senza condizioni è come un unicorno rosa”. Alberto Bagnai, senatore della Lega e presidente della Commissione Finanze al Senato, smonta in modo chiaro le “storie” che alcuni economisti, Cottarelli su tutti, raccontano in questi giorni, ovvero di un Fondo Salva Stati senza clausole vessatorie in soccorso del nostro Paese.

Senatore il Mes su cui si basa la trattativa in Europa non nasconde pericoli per l’Italia?

“Il Mes senza condizioni è realistico come un unicorno rosa. Per avere un mes senza condizioni bisognerebbe cambiare un trattato e un regolamento europeo. Bisognerebbe cambiare il trattato sul funzionamento dell’unione europea all’articolo 136 terzo comma e bisognerebbe cambiare il regolamento 472/2013. Sostanzialmente chi parla di un Mes senza condizioni mente”.

Nel caso in cui dovesse passare la linea dell’uso di Mes light quali sarebbero le conseguenze?

“Fondamentalmente ci troveremmo in un situazione tipo Cipro. Cioè con una dinamica politica chiara. Appena andasse su un governo di centrodestra si ritroverebbe con condizioni cambiate sul Mes e a quel punto l’esecutivo dovrebbe fare politiche impopolari come ad esempio le solite patrimoniali”.

Scenario da incubo…

“Qualcuno si sta già preparando. Magari delle bozze di memorandum stanno già circolando e probabilmente Delrio, che ha già proposto una Covid Tax, potrebbe essere a conoscenza di qualcosa che non tutti sappiamo…”

Verrebbero toccate anche le pensioni?

“Noi sappiamo che stiamo per affrontare una fase di forte indebitamento. Tutti i Paesi dovranno farlo per superare lo choc della pandemia. Lo scenario della crisi Lehman potrebbe ripetersi. Lo Stato in quel caso si indebitò per rispondere al crollo della banche. La risposta fu l’austerità e il ritocco sulle pensioni. Adesso dobbiamo aspettarci una sequenza simile. La risposta sarà sempre austerità e anche in questo caso c’è da tenere presente un intervento sull’età pensionabile o addirittura sull’importo degli assegni. Con la Troika in casa e con i soldi chiesti al Mes, lo scenario potrebbe essere pericoloso per chi percepisce una pensione”.

Una storia già visto in Grecia. Potrebbe ripetersi in Italia?

“Il contesto tra Italia e Grecia è diverso. Sappiamo cosa potrebbe accadere perché l’abbiamo già visto e sappiamo anche che quelle politiche sono già fallite. La differenza più importante riguarda le dimensioni del Pil e del debito italiano che sono tali da mettere in difficoltà la tenuta dell’intero sistema europeo in caso di attacco a mano armata come fatto in Grecia. Se la ragionevolezza vincesse ci sarebbe un attimo di attenzione in più nei riguardi dell’Italia. Molto però dipende dal fattore tempo. In questo momento la Bce ha dichiarato che darà copertura alle emissioni di titoli di Stato perché ne acquisterà fino a 750 miliardi di euro per cui se agiamo adesso in teoria saremmo coperti. Altro punto però riguarda le banche francesi e tedesche che hanno molti Btp. Se salta l’Italia saltano anche loro. Se però si svincolano dai nostri Btp allora il nostro debito diventerebbe più aggredibile senza conseguenze per Francia o Germania”.

Il governo cosa sta sbagliando per evitare il tracollo della nostra economia?

“In tanti sono rimasti senza lavoro e non hanno ancora visto un euro. In questo momento cominciano a vedersi alcuni risultati sul fronte della sospensione dei mutui e naturalmente sulle sospensioni fiscali. Ma mi pare ci sia un malcontento da parte di tutte le associazioni di categoria sul fatto che queste misure sono largamente insufficienti. Questo governo ha paura di fare misure ambiziose perché gli è stato detto che finché non accetta di considerare il Mes e sostanzialmente di impegnarsi ad avere la troika in casa, a garanzia dei creditori, non gli sarà concesso di indebitarsi. Nel decreto Liquidità a garanzia c’è poco più di un miliardo. Non ci sono le coperture”.

Come se lo spiega?

“Perché ancora non è stato votato lo scostamento di bilancio alla Camera. Prima di votare questo scostamento il governo attende un via libera da Bruxelles. Via libera che arriverà solo se accetta di infilare la testa dell’Italia nel cappio del Mes. Non sono stati fatti annunci tranquillizzanti. Il panico sta facendo danni e questa attesa potrebbe compromettere in modo serio l’economia”.

Ma un’unione economica e monetaria come quella europea non dovrebbe agevolare la soluzione di una crisi come questa?

“Qui casca la bufala maestra. Il mettersi insieme in questo caso si è rivelato un sistema molto inefficiente per affrontare una crisi. Non sono state gestite in modo corretto le sfide della globalizzazione. Questa pandemia è chiaramente una sfida della globalizzazione. Questa unità a cosa è servita? A nulla. Non ci è servita a dare una risposta chiara a questa crisi. Non c’è servita nemmeno per avere un sistema di conteggio di contagiati e morti unico. Non ci è servita nemmeno a mettere in piedi politiche sanitarie comunitarie uniche. L’Europa è la prima vittima del virus. Questo era chiaro già nel 2008…”.

Quale Europa ci aspetta dopo l’emergenza?

“L’Italia resta sempre in una posizione marginale. All’ultimo eurogruppo il governo è andato con ‘sì a eurobond e no Mes’ ed è tornato con un ‘no a eurobond e un sì al Mes’. Per essere rilevanti in Europa bisogna avere posizioni forti. E una di queste è quella sul Mes. In Italia se ne parla solo perché lo fa l’opposizione. Se in Europa si parla di noi, va detto, è per l’opposizione non per merito del governo. In Europa succedono e succederanno cose che si stanno già verificando da tempo. Macron che ha poco consenso in casa con i gilet gialli alle costole si sta muovendo bene sui tavoli europei diventando l’egemone dell’Ue. Dall’altra parte c’è una Merkel declinante. E la Francia in futuro potrebbe assumere una posizione predominate nel contesto europeo. Cambia poco per noi perché il fronte dei Paesi mediterranei regolarmente di sfalda. Però l’idea di una Germania con la bomba atomica dei francesi è un po’ inquietante. Basti pensare agli esperimenti di un esercito unico europeo. Quali risultato avremo? Abbiamo visto come funzione una moneta senza stato. Pensiamo per un attimo a come funzionerebbe un esercito senza Stato…”

Nel caso in cui dovesse entrare in scena il Mes come cambierebbe la struttura dell’Unione? Si rischia una rottura tra i Pesi del Nord e quelli del Sud?

“L’Europa in questo momento è a 5 velocità. C’è l’Europa dei Paesi euro, quella dei Paesi senza euro, quella di chi vuole entrarci, quella di chi non vuole entrarci e quella di chi ne è già uscito. È possibile che dopo questa crisi possa prendere forma un’Eurozona a due velocità. Questo è un dibattito che ad esempio da tempo va avanti in Germania. Ma queste sono decisioni che devono essere prese insieme tra Stati deboli e Stati più forti. So che a Berlino c’è una certa insofferenza verso la situazione attuale e quindi possono farsi strada scenari alternativi”.


Quali sono a questo punto le tre cose da fare subito per evitare il peggio?

“Bisognerebbe provvedere ad un reddito di emergenza universale come è stato fatto ad esempio negli Stati Uniti. Successivamente sarebbe necessario prevedere un anno bianco del Fisco. Prevedere pagamenti a saldo ed eliminare tutti gli acconti perché adesso a giugno le persone pagheranno sui redditi del 2020 che di fatto non stanno percependo. Poi bisognerebbe prevedere alla liquidità immediata per le aziende seguendo un po’ il modello svizzero con una burocrazia semplificata. Ma tutto ciò andava bene un mese fa. Ora ci sono delle cicatrici nel corpo del Paese che rendono la situazione ancora più emergenziale. Serve pensare ad esempio a delle sovvenzioni per le imprese a fondo perduto. In questo momento infatti rischiamo di far indebitare le aziende solo per far pagare le tasse. Il governo resta dentro questa logica perché deve restare dentro le regole europee”.

Ci salveranno davvero gli eurobond?

“Distinguerei due dimensioni. Dal punto di vista dell’aiuto quello degli eurobond è un non di battito per due motivi, uno storico e uno pratico. Il motivo storico è che nessuno tra i paesi forti li vuole e fondamentalmente andarli a chiedere è rivendicare qualcosa che si sa che i Pesi forti non vogliono. Hanno paura di dover pagare debiti per gli altri. Il motivo pratico invece è diverso. Ipotizziamo che il lupo dorma con l’agnello. Cioè che tutti i Paesi del nord sono d’accordo nel fare gli eurobond. A questo punto sorge un problema pratico perché bisogna capire quale struttura se ne occupa, se non c’è bisogna crearne una, organizzare l’emissione di titoli, collocarli sul mercato, scegliere regole con cui distribuirli. Nel frattempo l’Italia è morta. Perché per fare una cosa così, dato per assurdo che tutti siano d’accordo, ci vorrebbero almeno sei mesi. E qui le aziende non possono andare avanti senza avere soldi”.

Alla fine restiamo sempre in attesa di una mossa di Berlino…

“I tedeschi storicamente vogliono sempre tutto. Ma non sempre la storia va a finire bene…”

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