Oltre ai 15mila esodati, 19.980 addetti da rottamare da qui al 2018 per riportare il costo del lavoro nelle banche italiane a un livello accettabile con la gelata dei consumi creata dalla crisi. Da quando a gennaio Abi e sindacati hanno firmato il contratto nazionale, peraltro ora bollato come insostenibile nei documenti del comitato esecutivo di Palazzo Altieri, sono stati 13 i piani di ristrutturazione varati dagli istituti di credito del nostro Paese. Impressionante l'accelerazione di dicembre quando, con l'obiettivo di risolvere il problema prima di chiudere i bilanci, Bipiemme (700-800 esuberi), Ubi Banca (650), Monte Paschi (1.020 pensionati e1.100 esternalizzazioni) e, ieri, Cariparma hanno firmato l'accordo con i sindacati per tagliare il personale.
La controllata italiana del Crédit Agricole guidata da Giampiero Maioli accompagnerà, accogliendo tutte le domande ricevute, 772 persone al Fondo esuberi (331 esodi sono nuovi), e si impegna ad assumere almeno 100 giovani. Le sei pagine dell'«Accordo integrativo all'accordo quadro 02 giugno 2012» di Cariparma, dettagliano inoltre l'obbligo a smaltire le ferie nell'anno, oltre a un giro di vite su straordinari e premi di rendimento extra standard. L'austerità è stata anche la nota di Ubi Banca, Mps e Bpm che, pur con gradi differenti, sono ricorsi alla «solidarietà» tra i dipendenti, hanno rivisto bonus e contratti integrativi alla ricerca del necessario risparmio sui costi. Da parte sindacale a guidare la trattativa è stato l'asse politico creatosi tra la Fabi di Lando Maria Sileoni (la prima sigla del settore), la Fiba di Giuseppe Gallo e la Uilca di Massimo Masi. La Fisac di Agostino Megale appare invece spaccata, con la minoranza vicina a «La Cgil che vogliamo» di Domenico Moccia che ha lasciato più di un tavolo negoziale allineandosi alla «linea del no» con cui la Fiom di Maurizio Landini sta combattendo la Fiat di Sergio Marchionne. A metà gennaio Francesco Micheli dovrebbe riunire il «Casl», l'organismo Abi che tratta con i sindacati, quindi sarà da capire come coniugare al credito l'accordo sulla produttività voluto dal governo Monti per rilanciare l'economia italiana che è già rifiutato da Susanna Camusso.
Completa il quadro il nuovo contratto nazionale delle Banche di credito cooperativo, raggiunto ieri da Federcasse e forze sociali: il pericolo dei 4mila addetti in possibile eccesso appare al momento sventato. I 37mila lavoratori delle Bcc e delle Casse ruruali hanno strappato a regime un aumento salariale di 170 euro, che sarà versato a scaglioni. Come era già accaduto per le banche maggiori socie di Palazzo Altieri, le Bcc potranno tenere le filiali aperte fino alle 8 di sera. Le 38 pagine dell'accordo collettivo disciplinano poi la nascita di un «Fondo per la nuova occupazione» finanziato con il concorso dei dirigenti: le linee guida prevedono lo 0,125% del salario fisso e lo 0,375% del variabile, cui dovrà aggiungersi il contributo del cda; l'impianto sarà formalizzato a gennaio. Gli incagli provocati dalla difficoltà di famiglie e imprese a restituire i finanziamenti ricevuti, alleggeriranno però i bonus.
L'articolo 29 del documento prevede infatti che, nel calcolare i «premi di risultato», le Bcc dedurranno dal risultato lordo di gestione «una quota pari al 30% delle rettifiche» nette per il deterioramento crediti. L'austerity proseguirà sui bilanci 2013 e 2014, con deduzioni pari rispettivamente al 40% e al 50% degli incagli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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