Il consiglio di amministrazione di Unicredit fa i conti con la guerra civile che sta incendiando la Libia, primo azionista dellistituto milanese con oltre il 7% del capitale. Al termine della riunione, utile per fornire ai consiglieri una fotografia aggiornata della situazione, il presidente Dieter Rampl ha comunicato ufficialmente la possibilità che la banca congeli i diritti di vito in mano ai libici eccedenti il tetto del 5% fissato dallo statuto. Un punto, questultimo, molto sentito dal mondo delle fondazioni italiane in vista dellassemblea, anche se formalmente lultima parola spetta a Rampl sentito il presidente del collegio sindacale. In ogni caso - scrive il presidente nel comunicato successivo al board - la decisione «si fonderà sulla più attenta valutazione dei fatti da parte della banca». Anche perché, stando a quanto trapela da Piazza Cordusio, Rampl stava trattando una clausola per cui la Libia avrebbe accettato di «auto-congelare» i propri diritti di voto al 5%, pur mantenendo intatta il proprio peso azionario oltre il 7%.
Laccordo, sostanzialmente pronto nella sua impalcatura, avrebbe dovuto essere perfezionato a breve, ma la guerra libica ha sconvolto la situazione. Tanto che Rampl è stato costretto ad ammettere una certa «preoccupazione» per la polveriera nordafricana, soffermandosi sullimpossibilità che dura da giorni di mettersi in contatto con lo stesso vicepresidente dellistituto Farhat Bengdara. Luomo che il Colonnello Gheddafi ha voluto anche al vertice della Banca centrale libica, nelle cui casseforti è custodito il 4,6% di Piazza Cordusio, e l«ambasciatore» del Rais in Piazza Cordusio. Il 2,6% fa invece capo al fondo sovrano Lia, uno dei veicoli utilizzati dal regime per reinvestire i proventi del petrolio. Al momento resta congelato, anche il progetto di aprire una rete di filiali nel Paese.
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