Banche, ecco promossi e bocciati

Bpm raggiunge Intesa, Unicredit e Ubi tra i «virtuosi». Il Banco resta a metà del guado. Mps sempre in coda

Banche, ecco promossi e bocciati

La dozzina di miliardi «prelevati» dalle tasche degli azionisti con gli ultimi aumenti di capitale ha restituito una generalizzata «solidità» patrimoniale alle banche italiane (le semestrali fotografano il «Cet 1» oltre il 10% contro il minimo regolamentare dell'8%). Dal punto di vista dello stato di salute industriale, dopo il d-day dei conti delle popolari celebrato ieri, il credito dello Stivale si può però suddividere in tre grandi blocchi: una pattuglia di testa (Intesa Sanpaolo, Unicredit e Ubi Banca) che sta già mettendo fieno in cascina per il dividendo; un gruppo di mezzo che non ha ancora domato sofferenze e costo della raccolta (come Banco Popolare, Popolare Emilia Romagna e Creval); la squadra di coda che rischia di essere messa alle corde dagli stress test europei (Monte Paschi, Carige o ancora peggio BancaEtruria alla ricerca del cavaliere bianco). Ieri Mps ha perso l'8,3% a 1,04 euro in Borsa mentre gli analisti ne bocciavano la semestrale (352 milioni la perdita e oltre 1 miliardo le rettifiche), e a poco è servito il fatto che Consob abbia vietato le vendite allo scoperto. Scala invece la classifica la Popolare di Milano di Giuseppe Castagna che, liberata dalle penalizzazioni di Bankitalia (gli add-on ), ha raggiunto il gruppo dei «virtuosi» con 191,5 milioni di utli (+81,3% anche grazie alla quotazione di Anima). La metà dei profitti, ha detto Castagna, è accantonata per tornare a distribuire il dividendo dopo quattro anni di magra. Bpm nel 2015 metterà poi mano alla governance, completando così il lavoro di risanamento impostato da Piero Montani (ora inviato da Bankitalia a salvare Carige). Fa parte del gruppo di testa anche la piccola ma efficiente Popolare di Sondrio , dove Intesa Sanpaolo di Carlo Messina, Unicredit di Federico Ghizzoni e Ubi Banca di Victor Massiah raccolgono i frutti di aver «ripulito» per tempo i loro bilanci. Così oggi hanno un costo della raccolta in discesa e minori «rischi» in bilancio. In particolare la popolare lombarda a giugno ha raddoppiato l'utile a 106,2 milioni, grazie a proventi operativi (+5,1%), margini e commissioni più forti e alla discesa dei costi (-2,6%). Massiah ha anche deciso di integrare, sul modello di quanto fatto da Unicredit con Fineco, la controllata online Iw Bank e i promotori di Ubi Private.

Il Banco Popolare di Pier Francesco Saviotti, pur tornando in utile, si è fermato a 31 milioni, o meglio 6 milioni dopo aver «spesato» alcune minusvalenze. La gestione operativa è in linea con lo scorso anno (711 milioni), ma il problema resta una raccolta che costa almeno l'1% di più rispetto alla concorrenza. Saviotti, mai tenero con le agenzie di rating, ha poi tagliato i rapporti con Standard & Poor's. In ogni caso quello dello scarso merito di credito è una «malattia» che continua ad affliggere quasi tutto il gruppo di mezzo, insieme ai costi ancora molto elevati.

Infine Mps e Carige, quelle che più rischiano brutte sorprese dagli stress test, tanto che se Siena ha in pancia ancora 1 miliardo «cuscinetto» di Monti bond, Genova spera di chiudere il prima possibile alcune cessioni.

Ma proprio gli esami europei potrebbero cambiare di molto i rapporti di forza in campo, determinando predatori e prede del consolidamento del settore atteso nel 2015.

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