«Presidenza 2012-2014. Linee guida del programma»: mercoledì 19 settembre il comitato esecutivo dell'Abi avrà sul tavolo il manifesto politico della seconda presidenza Mussari. Il documento, datato 4 settembre ma licenziato il giorno successivo, rappresenta l'abbozzo di quello che nelle intenzioni di Palazzo Altieri dovrebbe essere il nuovo modello di banca post-crisi. Già al kick off di luglio era stato confermato che il cuore del problema erano i costi, ma ora l'Abi - al punto C del documento Le banche e il Paese - prospetta, anche alla luce della riforma delle pensioni, «ulteriori riflessioni sulla sostenibilità degli attuali livelli occupazionali», soprattutto per quanti hanno oltre 55 anni di età. Il fine ultimo appare quello di ottenere una maggiore flessibilità nel loro utilizzo emendando il contratto. L'estrema ratio potrebbe essere invece una rottamazione di massa, anche se in questo caso con ogni probabilità occorrerebbe ammettere la necessità di uno stato di crisi a livello di sistema, con tutti i problemi che questo comporta a livello reputazionale, oppure rendere obbligatori i prepensionamenti tramite il Fondo esuberi da poco ripartito.
Il braccio di ferro con i sindacati aumenta quindi di vigore, come conferma un ulteriore documento - «La condizione di lavoro nel sistema bancario italiano, fattori di crisi» - che sempre mercoledì Mussari porterà in esecutivo (punto 5.1 A del nutrito ordine del giorno). Si tratta dell'executive summary nel quale l'Abi appone il pericolo frana su buona parte degli strumenti oggi a disposizione dei lavoratori del credito: dal Fondo esuberi, per cui «esistono forti criticità legate alla progressiva insostenibilità degli oneri», al problema dei 13mila esodati, ad appunto quelli conseguenti agli aggravi provocati dalla riforma pensionistica voluta dal governo Monti. È inoltre lo stesso contratto collettivo, visto che da luglio 2014 gli aumenti tabellari previsti non saranno più compensati da altri risparmi, a dover essere ridiscusso a causa della «imprescindibile» ricerca di «nuovi equilibri tra livello dei salari e occupazione sostenibile». Su tutto una premessa: il costo del lavoro delle banche si pone «ben al di sopra» sia degli altri settori, sia della media europea. Con ogni probabilità un messaggio sottotraccia per sottolineare la necessità di congelare gli aumenti contenuti nei contratti integrativi. L'Abi giudica poi «inevitabile» il crescente ricorso alla contrattazione aziendale. L'obiettivo appare quello di agganciare qualsiasi premio al criterio della produttività, così che ogni banca possa condurre le trattative sindacali in proprio, alleggerendo il contratto nazionale. Il documento di lavoro conferma la stima dei lavoratori in eccesso nel settore: 20mila persone, tra vertenze aperte e uscite già concordate.
Il personale bancario - lamenta l'Abi - è «addensato» nei livelli di inquadramento più elevati, creando situazioni non compatibili con l'esigenza di ristrutturarsi degli istituti di credito, e dimostra una «marcata resistenza» al cambiamento tramite la riqualificazione.
L'associazione bancaria mostra i muscoli anche nelle 13 pagine del documento programmatico di Mussari: al punto A, significativamente riservato alla Comunicazione, l'Abi si ripromette infatti di «ribattere colpo su colpo» a qualsiasi attacco sia a livello nazionale, internazionale o locale così da non lasciare nessuna «criticità» senza risposta; il tutto con una «particolare attenzione» a Facebook e Twitter. Le «relazioni istituzionali» sono al punto «B»: tra le priorità c'è l'individuazione di «strumenti per la gestione dei portafogli illiquidi delle banche», la delega fiscale e la soluzione del problema delle quote detenute dagli istituti in Bankitalia. Quindi al punto C il nodo del costo del lavoro, con l'obiettivo di costruire un nuovo modello di relazione industriali, tramite interventi appunto per il «migliore impiego» degli over 55 e la «contrattazione di prossimità».
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