Banche: più depositi, ma imprese a secco

Banche: più depositi, ma imprese a secco

Ottenere credito? Per le aziende è sempre più difficile. I dati pubblicati ieri da Bankitalia evidenziano come a novembre 2012 gli impieghi alle società non finanziarie residenti In Italia è diminuito del 3,4% annuo (-30 miliardi circa). Si tratta del dato peggiore dal 2009, solo parzialmente mitigato da quello relativo alle famiglie (-1,5%).
Non bisogna trascurare, tuttavia, che i finanziamenti concessi ai vari settori produttivi rappresentano uno stock notevole (oltre 870 miliardi di euro) senza contare che i crediti in sofferenza hanno sfondato il tetto dei 120 miliardi (+11% su base annua). Sull'altro versante, però, si registra un'accelerazione della raccolta che a novembre è salita del 6,6% a oltre 1.400 miliardi.
Come si spiega, perciò, il fenomeno? «Il dato di Bankitalia fotografa la situazione di un Paese in recessione», commenta il direttore generale dell'Abi, Giovanni Sabatini, argomentando che «le difficoltà sono rappresentate da 3 cifre: pil 2012 -2,1%, investimenti -8% e consumi -3%». Insomma, argomenta, «il contesto recessivo si riflette sulle grandezze del credito: il dato dell'Italia è peggiore della media europea (-2,5%, ndr) ma il differenziale è spiegato dall'intensità della crisi».
Se da un lato si è ristretta la domanda, anche dall'altro l'offerta ha finito col contrarsi. «Non bisogna dimenticare - aggiunge Sabatini - che si è prosciugata la raccolta sui mercati internazionali», un canale che in passato ha coperto il fabbisogno di liquidità per i finanziamenti giacché «le banche italiane erogano più di quanto raccolgono dalla clientela residente». Oltre all'aumento dei costi sul mercato interbancario, un altro effetto della crisi è stato «il cambiamento della qualità della raccolta che dal medio-lungo termine si è spostata sul breve». In un simile contesto di raccolta “a vista“ è più difficile «concedere finanziamenti a 15 o 20 anni, altrimenti si farebbe la fine di Northern Rock».
Ma «le banche italiane hanno intenzione di continuare a svolgere il loro mestiere tradizionale: il 60% dei loro attivi continua a esser rappresentato dai finanziamenti alle imprese e alle famiglie». Il presidente dell'Abi Giuseppe Mussari e io «abbiamo ribadito più volte che i nuovi regolamenti internazionali non aiutano il nostro modo di fare banca e ci siamo battuti perché la regolamentazione di Basilea 3 recepisse requisiti meno stringenti sull'assorbimento di capitale per i prestiti alle pmi».
Nonostante l'Abi sia impegnata a stringere accordi con tutti i settori industriali (ultimo quello con l'Ance sull'immobiliare), le imprese soffrono. Unindustria Bologna ha effettuato un'indagine a campione su quasi 160 imprese associate.

«C'è qualcosa che non funziona più nei rapporti», afferma il direttore generale dell'associazione Tiziana Ferrari ricordando che nell'ultimo semestre il 35% delle pmi sotto i 5 milioni di fatturato si è visto rifiutare in tutto o in parte i finanziamenti richiesti. Il confronto è destinato a restare aperto...

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