Banco-Bpm, ok dei soci alla fusione

Ma a Milano è una vittoria di misura. Castagna: «Da marzo stop al tetto del 5%»

Massimo Restelli

La Popolare Milano e il Banco Popolare si uniscono per creare il terzo gruppo del Paese alle spalle di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Ma se nella Verona di Pier Francesco Saviotti l'assemblea dei soci chiamata ad approvare le nozze è stata un plebiscito (oltre 23mila i voti favorevoli contro 118 contrari e 11 astenuti), a Milano la base di Bpm ha concesso un «sì»sofferto e di misura, dopo 8 ore di discussione.

Malgrado l'intera macchina organizzativa di Bpm abbia lavorato per garantire un'affluenza crescente con il passare delle ore (oltre 10mila i voti validi, di cui 5.406 fisicamente presenti nei capannoni di Fiera Milano a Rho) e rendere così difficile il compito dell'opposizione guidata dai soci pensionati (che potevano disporre di 10 deleghe), allo spoglio i contrari sono risultati infatti 2.731 (26,8%), 800 di più di quanto stimato dagli alchimisti del voto del gruppo.

Le schede favorevoli sono invece risultate 7.314 (71,79%), percentuale sufficiente ma non distante dal quorum minimo dei due terzi. Tutti i sindacati erano schierati per la fusione ma è entrata in azione una nutrita squadra di «cecchini», probabilmente complice un ultimo colpo di coda dell'Associazione Amici, disciolta da anni ma ancora presente nel cuore del «parlamento» di Piazza Meda. E ieri molto ha pesato appunto la guerra delle deleghe: da una parte i pensionati, dall'altra quelle rastrellate tra i familiari dei dipendenti.

La fusione Banco Bpm, allo stato il solo frutto concreto della riforma Renzi che nel gennaio 2015 ha imposto per decreto alla cooperative di diventare spa, è comunque ormai al sicuro. «Esprimiamo soddisfazione per Banco-Bpm» ma pensando che ci sono voluti 18 mesi la dice lunga», ha detto ieri Renzi. «Questo è un bel cambiamento per la banca e per il nostro Paese», ha rimarcato l'ad Giuseppe Castagna, cui va ora il compito di costruire il nuovo maxi-gruppo da 4mila clienti e che ha promesso 1,1 miliardi di utili entro il 2019. Il futuro Banco Bpm «sarà un polo aggregante, ma per eventuali acquisizioni servirà tanto tempo», ha proseguito il banchiere specificando che, su indicazione Bce, a marzo 2017 scade il tetto del 5% al possesso azionario che agisce ora da scudo antiscalata: «Siamo una public company».

Il nuovo campione nazionale nascerà entro il primo di gennaio: il Banco si è appoggiato a Mediobanca come advisor, Bpm a Citi e Lazard. Il percorso di integrazione passa dal concambio di un'azione della nuova capogruppo per ogni titolo del Banco e per ogni 6,386 azioni Pop Milano. Proprio i rapporti di forza sono stati oggetto ieri di forti critiche da parte dei soci Bpm (che avrà un peso nell'aggregato del 46% contro il 54% del Banco) e lo stesso presidente del Cds Nicola Rossi (vicino ai pensionati) ha invitato a valutare i rischi dell'operazione e poi non ha votato. Un centinaio gli interventi dove, sotto gli occhi degli emissari della Consob, hanno spiccato quelli velenosissimi di alcuni pensionati, l'accorato «sì» al Banco del leader dei soci non dipendenti Piero Lonardi e quello dei sindacati, il cui impegno è risultato determinante per la fusione. Hanno preso la parola il capo della Fabi, Lando Sileoni (che ha rimarcato come Bpm sia ora al riparo da acquisizioni selvagge) e della Uilca, Massimo Masi. «Non è un funerale ma una nuova storia» aveva assicurato qualche ora prima a Verona Saviotti, visibilmente commosso, ai soci del Banco.

Il banchiere, l'unico che in questi ultimi anni ha fatto un passo indietro per permettere una fusione, ha poi dato una stoccata a Victor Massiah definendo «non molto corretto» l'intervento di venerdì dell'ad di Ubi sulla possibilità di un nuovo interesse se fosse saltato l'asse con Bpm.

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