A tre mesi dagli stress test, i burocrati della Bce sferrano un altro colpo basso alle banche italiane, che precipitano così in Piazza Affari affossando l'intero listino milanese: -3,27% l'indice Ftse Mib. Fuori controllo il Monte Paschi (-8,62% a 47,5 centesimi), seguito da Banco Popolare (-7,5%), Bper (-6,7%), Unicredit (-5,5%), Ubi (-5,1%) e Bpm (-3,5%); negative anche le altre big Intesa Sanpaolo (-4,7%) e Mediobanca (-1,7%).
Il problema è il seguente: Francoforte non si accontenta più che gli istituti di credito abbiano la solidità patrimoniale minima del 7% come Cet , ma ha deciso di imporre a ognuno di essi di dotarsi di uno specifico cuscinetto di sicurezza, che ha «cucito» su misura dopo aver studiato i singoli bilanci e in base all'analisi degli asset (Aqr). In particolare si vuole captare i rischi di controparte, quelli legati al modello di business e alla compliance (il cosiddetto «Pillar II» di Basilea). Il valore medio di capitale richiesto al sistema dall'Eurotower salirebbe così dal 7% al 10,5%. Ma a pagare di più saranno gli istituti più deboli. La forchetta, stando alle lettere riservate che la stessa Eurotower sta inviando ai singoli gruppi, oscillerebbe infatti tra il 9,6% di Ubi e il 14,3% del Monte Paschi. Come rimarcato da Siena, quella della Bce è tuttavia una bozza, e le banche possono ribattere fino a venerdì, nella speranza di strappare una medicina meno amara.
Dal punto di vista macro il comparto bancario italiano si attesta su una media prossima all'11%, ma appena sotto la fredda aritmetica emergono i problemi. Perché, come minimo, il diktat della Bce si tradurrà in una nuova stretta sui prestiti a famiglie e imprese, perlomeno da parte degli istituti che si salveranno di misura. I nuovi paletti dovrebbero accelerare sia il consolidamento del settore sia la strategia dei gruppi di fare cassa vendendo alcuni dei propri pezzi industriali.
Come si evince dal capitombolo in Borsa, a ballare sul Titanic è appunto il Monte Paschi (12,8% il Cet 1 a settembre) che, secondo i calcoli di Equita, potrebbe trovarsi «corto» di 1,6 miliardi anche dopo l'aumento da 2,5 miliardi previsto dall'ad Fabrizio Viola a marzo o maggio. E qualche problema potrebbe emergere nella genovese Carige, che prepara un aumento da 800 milioni: il titolo, malgrado Compagnia di San Paolo abbia smentito un intervento, ha recuperato un altro 1,9% sempre nell'attesa dell'arrivo di Andrea Bonomi come cavaliere bianco. Nel mirino della Bce ci sarebbe poi Popolare Vicenza, che ha però smentito di dover rispettare, come circolato sulla stampa, la soglia dell'11,6%, dichiarando invece che il limite è «ampiamente inferiore».
Tra le banche già ben capitalizzate figurano Mediobanca (cui la Bce ha posto l'asticella sotto il 10,5%), Intesa Sanpaolo, Credem, Banco Popolare e Bpm, che dovrebbero avere le energie per soddisfare Francoforte. Mainfirst non si sbilancia invece su Unicredit, che potrebbe trovarsi poco sopra le richieste europee (più elevate perché è una banca di sistema Sifi, e quindi ritenuta too big to fail ). La manovra della Bce, oltre ad asciugare i prestiti, rischia di indurre le banche a tornare a imbottirsi dei tranquilli titoli di Stato.
Allora, una domanda: a cosa sono servite le due aste di Tltro, peraltro un mezzo flop, con cui la Bce ha alimentato le imprese? O la stretta della Bce è il dazio politico che Mario Draghi deve versare ad Angela Merkel, che ha visto le banche tedesche risparmiate dagli stress test malgrado siano strapiene di derivati, in cambio dell'avvio del quantitative easing ?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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